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un documento prezioso 127


— Ma perchè si è rifugiato colà? — chiese Ranzoff il quale non era meno stupito di Wassili.

— Per paura delle nostre vendette?

— Sì, a quanto scrive a Stossel.

— Eppure noi non eravamo ancora fuggiti, o meglio, non ti avevamo ancora liberato, — disse Wassili.

— Una spiegazione, signori, — disse in quel momento Rokoff. — Che cos’è e dove si trova questo Tristan de Cunha?

— Un gruppetto formato da due isole, una abitata e l’altra inabitabile, perduto in fondo all’Atlantico meridionale, — rispose Boris.

— Lo conosci, fratello? — chiese Wassili.

— Vi ho approdato una volta, molti anni or sono, quando ero luogotenente a bordo della Jolina, una nave scuola che faceva il giro del mondo.

— E Teriosky è là!

— Sì, fratello: la lettera lo dice.

— Dammela. —

Boris porse la carta, Wassili la lesse attentamente, poi la passò a Ranzoff il quale, a sua volta, la trasmise a Fedoro ed a Rokoff.

— Che cosa ne dite, signor Ranzoff? — chiese Wassili.

— Che non vi è che una cosa sola da fare, — rispose il capitano dello Sparviero, dopo aver meditato qualche istante.

— Quale? — chiese Boris.

— Di attraversare l’Atlantico e di fare una visita a quelle isole. Se quel furfante ha scritto il vero noi troveremo là vostra figlia.

— Potrà resistere il vostro Sparviero ad una simile traversata?

— E perchè no?

— E le bufere, talvolta terribili, che imperversano sull’oceano?

— Avete osservato attentamente il mio fuso, signor Boris?

— Sì.

— Allora dovreste esservi convinto che, nel caso d’una disgrazia, potrebbe navigare nè più nè meno d’una piccola nave, — rispose Ranzoff. — Se le ali dovessero venire strappate da qualche tempesta, non segnerebbero certamente la nostra fine.

Abbiamo un’elica di rimorchio ed una di spinta ed una macchina poderosissima capace d’imprimerci una velocità variabile fra i venticinque e i trenta nodi, non ostante i piani orizzontali.

Che cosa vorreste pretendere di più da una macchina volante, signor Boris?