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Un uomo gelato vivo 115


— Avete dello champagne e anche dello sliwowit davanti, se non m’inganno, — rispose Olga, ridendo. — Non vi bastano per consolarvi?

— Uh!... Queste cose cominciano ad annoiarmi.

— Provate il kummell, signor Stossel. Quello è più forte ancora. —

L’intendente del barone depose l’enorme pipa e guardò, coi suoi occhi grigiastri, già annebbiati dalle copiose libazioni, la graziosa ragazza.

— Sei allegra, questa sera, figliola, — disse poi.

— Sfido io! Si sta bene qui, colla nebbia che soffia al di fuori.

— Siedi vicino al caminetto, se hai freddo.

— E datemi da bere, signor Stossel. Sarà champagne finissimo, suppongo.

— È di quello che beveva il barone.

— Quando tornerà non ne troverà più di certo.

— Se tornerà, — rispose l’intendente con un sorriso.

— È forse naufragata la sua nave?

— Oh no!

— È già sbarcato?

— Mah!... Pare.

— Dove?

— Tu sei troppo curiosa, figliuola mia. —

Vuotò un bicchiere di sliwowitz poi, fissando Olga, le chiese:

— Sai che comincio a diventare inquieto?

— Perchè, signor Stossel?

— Io vorrei sapere per quale motivo tu mi parli sempre del mio padrone. Ti interessa o per caso l’hai conosciuto?

— Io!... Non l’ho mai veduto.

— E perchè mi chiedi sempre notizie di lui?

— Così, per una semplice curiosità. M’interessava quella fanciulla che ha condotto con sè.

— Per quale motivo?

— Sono una fanciulla anch’io.

— Non capisco niente, — brontolò l’intendente. — È meglio che beva.

— Avete bevuto già abbastanza, mi pare, — disse Olga, la quale si scaldava dinanzi ad un caminetto elegantissimo, sul quale fiammeggiavano dei grossi pezzi di pino.

— Oh! Appena un po’ di bicchieri, — disse l’intendente, — tanto per scacciare un po’ la noia.