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112 Capitolo X.


— Ecco la via libera, — disse Pugno di ferro, pienamente soddisfatto del suo colpo. — Quella cornacchia non griderà più.

— Guidaci, — disse l’atman ad Olga.

La ragazza che aveva assistito impassibile, a quella scena, come se la cosa non la riguardasse affatto, raccolse le gonne e s’avanzò tranquillamente sotto i grandi alberi del parco stillanti d’acqua.

In mezzo alla nebbia si distingueva un vago chiarore, che pareva proiettato da una lampada elettrica.

— È là il padiglione? — chiese l’atman.

— Sì, — rispose Olga.

— Fa presto. —

Attraversarono il parco, camminando con precauzione onde non far scricchiolare la neve gelata e si fermarono dinanzi ad un edificio di forma quadrata, d’architettura pesante, con ampie finestre al pianterreno, chiuse da doppi vetri coperti già da uno strato di ghiaccio.

L’interno era illuminato, mentre al di fuori un globo di luce elettrica faceva scintillare vivamente la neve.

L’atman s’accostò ad una finestra, grattò leggiermente, senza produrre il menomo rumore, lo strato di ghiaccio steso sul vetro e guardò nell’interno.

Un uomo che aveva una lunga barba rossastra, le mascelle molto larghe e gli zigomi assai sporgenti come tutti i tartari, e che indossava un pesante gabbano di grosso panno olivastro, stava seduto dinanzi ad un tavolo, affondato in una comoda e soffice poltrona di velluto azzurro. Vi erano parecchie bottiglie dinanzi a lui, col collo coperto di carta dorata e parecchie coppe di cristallo di Boemia semi-piene.

Fumava una pipa monumentale di porcellana, simile a quelle che usano i tedeschi della Pomerania, lanciando con forza, verso il dorato soffitto del salotto, buffi di fumo.

— È lui? — chiese l’atman, prendendo fra le braccia Olga e alzandola fino all’altezza della finestra.

— Sì, — rispose la ragazza.

— Entra pure: noi giungeremo al momento opportuno.

— Sta bene. —

Girò intorno al padiglione finchè trovò una porticina che spinse violentemente ed entrò, dicendo:

— Giungo un po’ tardi, è vero, signor Stossel?

— Ah!... Sei tu piccina? — rispose l’intendente con voce rauca. — Ero seccato di aspettarti.