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Un uomo gelato vivo 111

CAPITOLO X.

Un uomo gelato vivo.

Al di là del muricciuolo, poichè in quel luogo la cancellata era terminata, si udiva la neve a scricchiolare sotto il passo pesante di un uomo.

Doveva essere il servo dell’intendente del barone, che s’avvicinava alla porta.

— Pronto, Pugno di ferro, — sussurrò Olga.

Il gigante rimboccò le maniche della sua casacca e allargò le gambe, pronto a piombare sulla vittima.

Un momento dopo una chiave fu introdotta nella toppa e la serratura scattò fragorosamente.

Un uomo, che teneva in mano una lanterna, comparve, avvolto in un pesante gabbano.

— Siete voi? — chiese con aria annoiata.

— Sì, — rispose Olga.

— Venite troppo tardi.

— C’è l’intendente?

— Credo che sia già ubbriaco fradicio.

— Mi aspetta però.

— Se non vi attendesse, sarei già a letto da quattro o cinque ore, — rispose il domestico. — Ci si sta bene con questa nebbia.

Fate presto: è fredda questa sera. —

Olga entrò, spalancando la porta per lasciare il posto agli altri che il servo dell’intendente, mezzo assonnato e anche in causa della nebbia, non aveva ancora potuto scorgere.

Pugno di ferro, pronto come il lampo, piombò addosso al disgraziato, afferrandolo strettamente pel collo onde impedirgli di mandare qualunque grido, poi lo lasciò cadere in mezzo alla neve quasi strangolato.

I quattro membri della gaida che lo avevano subito seguìto, s’impadronirono del prigioniero, lo imbavagliarono, lo legarono strettamente e lo portarono nella slitta, affidandolo ai cocchieri.