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102 | Capitolo IX. |
L’atman, coi suoi occhietti grigi e che avevano il lampo dell’acciaio, come se volesse, prima di parlare, ben convincersi di non aver dinanzi qualche agente di polizia, osservava attentamente tutti, uno ad uno.
Fu Fedoro che ruppe finalmente il silenzio.
— Queste, — disse, indicando Wassili e Boris, — sono le persone di cui vi ho parlato e che furono accusate, oltre ad appartenere ad un circolo nichilista, di essere anche ascritte alla vostra gaida.
Uno è un ingegnere; suo fratello, un anno fa, era comandante della corazzata la Pobieda. —
Il bandito fece un profondo inchino.
— Li avete mai veduti, questi signori, militare nelle vostre file? — chiese Rokoff.
— Mai! Noi non abbiamo avuto che l’onore di contare fra i nostri membri Savin, ex-ufficiale della guardia, una vera intelligenza1.
— Dunque sono stati condannati ingiustamente, — disse Fedoro.
— Almeno in ciò che riguarda l’accusa di essere stati affiliati alla mia gaida, — rispose l’atman. — Il miserabile, però, che ha osato far passare questi gentiluomini per Hoolygani pagherà il conto. Io vi avevo promesso d’interessarmi di questo affare ed ho mantenuto la promessa. Durante la vostra assenza ho avuto delle preziose informazioni da Olga.
— Olga! Chi è costei?
— Una ragazza intelligentissima e che alla sua bellezza aggiunge una furberia straordinaria. È a lei che devo tutto.
— Sarà largamente ricompensata, — disse il capitano dello Sparviero.
L’atman degli Hoolygani aggrottò la fronte, poi disse con un certo sussiego:
— Noi siamo dei ladri, questo è vero, ma quando si tratta di rendere giustizia sappiamo essere onesti. I vostri amici hanno sofferto la galera, per colpa degli Hoolygani, sia pure involontariamente; tocca ora agli Hoolygani di vendicarli, senza esigere compenso di sorta.
- ↑ Questo Savin fu uno dei più famosi avventurieri russi: Ladro a Pietroburgo prima, poi a Vienna, dove, arrestato, riesce a scappare, rompendo una gamba ad una guardia; ladro a Napoli dove rubò le carte al principe di Lantrac moribondo, delle quali se ne serve a Parigi per sposare una gentildonna francese, finì poi in America, truffando in tutti i modi possibili perfino i furbi e sospettosi yankee.