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68 | Capitolo decimo |
Quella marcia silenziosa e prudente attraverso la fitta e tenebrosa foresta durò circa venti minuti, poi il pescatore si arrestò sulle rive d’un piccolo corso d’acqua che doveva essere un affluente del Talajan.
— Ci siamo, — disse, volgendosi verso Hong, che gli stava dietro, minacciandolo sempre col fucile.
— Dov’è la tua capanna? — chiese il chinese.
— È nascosta dietro a quella macchia. —
Scese la riva per approfittare d’un sentieruzzo aperto fra le erbe e condusse Hong ed i suoi compagni in mezzo ad un gigantesco gruppo d’alberi, dove innalzavasi, su di una piccola radura, una misera abitazione di bambù col tetto conico, formata di grandi foglie d’arecche strettamente legate.
Con un calcio aprì la porta e porse a Hong un pezzo di ramo resinoso perchè lo accendesse, poi invitò tutti ad entrare.
L’interno di quella capanna non valeva più dell’esterno. Era divisa in due stanzucce, una che serviva di magazzino, perchè era ingombra di frutta, di pani di sagu, di fiocine e di reti e l’altra da cucina e da camera da letto essendoci una specie di fornello formato con alcuni grossi sassi, alcuni vasi di terracotta ed alcune stuoie di foglie di palma, che dovevano servire ad un tempo da tavola e da giaciglio.
Il pescatore fece sedere i chinesi ed il malese sulle stuoie, poi, dopo d’aver ascoltato qualche po’ sul margine della macchia, rientrò chiudendo accuratamente la porta e sprangandola con una grossa traversa.
— Ora possiamo essere certi di non venire assaliti, — disse. — Nessun abitante sa dove si trova la mia capanna.
— Purchè i pirati non ci abbiamo seguìti, — osservò Hong.
— Di notte non è facile seguire una traccia in mezzo ad una fitta foresta. Avete fame?... Posso offrirvi qualche cosa da cena.
— Sarà la benvenuta, — rispose Hong.
Il malese andò a prendere alcuni vasi e li mise dinanzi agli ospiti, invitandoli a servirsi liberamente.
La cena era più abbondante di quanto aveva sperato Hong, ma se poteva essere molto apprezzata dai palati malesi, non poteva esserlo certo per quelli dei chinesi, poichè consisteva in vasi di blaciang, puzzolente miscuglio composto di gamberetti pestati e di piccoli pesci lasciati prima fermentare al sole e poi conditi con molto sale; di laron, ossia larve di termiti, specie di grosse formiche, e di certe focacce chiamate ud-ang formate di piccoli crostacei seccati poi ridotti in polvere e quindi impastati.