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Lo scafo della «Concha» 61


di cedri e di splendidi bado, alberi pregiatissimi perchè dal nocciuolo delle loro frutta si estrae quel grasso pregiatissimo, conosciuto in commercio col nome d’olio di Macassar.

Coppie di uccelli bellissimi volteggiavano fra i rami o attraversavano rapidamente il fiume, mostrando ai raggi del sole le loro brillanti penne a svariati colori. Erano fagiani, aironi bianchi o neri; cacatoe cremisine, lori dalle penne d’un rosso fuoco e pappagalli verdi o giallognoli, i quali chiacchieravano allegramente, senza punto preoccuparsi della canoa, nè degli uomini che la montavano.

Hong ed i suoi compagni navigavano da un’ora, senza nulla aver incontrato, quando il malese, che da qualche istante si era alzato, disse improvvisamente:

— Ci siamo.

— Al rottame? — chiesero Hong e Than-Kiù, con ansietà.

— Sì, vedo laggiù un pezzo d’albero della cannoniera, che le acque hanno trasportato fin qui, — rispose il malese. Lo scafo non è lontano.

— Dov’è quest’albero?

— In mezzo al fiume, un piede sott’acqua.

— Vogliamo vederlo, — dissero Hong e Than-Kiù.

— Un colpo di remo ancora, — comandò il malese.

Il canotto venne spinto nella direzione indicata. Hong e Than-Kiù si curvarono con viva ansietà sull’acqua, la quale conservava sempre la sua trasparenza.

Un doppio grido sfuggì ad entrambi.

Dal fondo del fiume sorgeva, quasi fino a fior d’acqua, un troncone d’albero munito ancora di due boscelli e d’alcune funi, le quali si erano imbrogliate attorno ad una roccia subacquea.

Non si poteva ingannarsi: era un pezzo d’albero appartenente a qualche nave, e questo era l’importante, un albero che non si poteva confondere con quelli che portano i velieri malesi, chinesi, o macassaresi, avendo intorno dei larghi cerchi di metallo.

Than-Kiù era diventata pallida, ed i suoi occhi si erano ardentemente fissati su quel triste avanzo, come se avesse voluto strappargli un qualche indizio che le indicasse a quale nave aveva appartenuto.

— Hong, — mormorò ella con voce tremante, — che sia proprio della Concha?...

— Vediamo, — rispose il chinese. — Tenete fermo il canotto voialtri e mantenetelo in equilibrio. —

Si sporse innanzi, tuffò le robuste braccia in acqua, afferrò una fune che ondeggiava sulla corrente, e radunando le proprie forze, operò una violenta trazione.