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48 | Capitolo settimo |
stretta ed uno sviluppo di vele così straordinario da poter ottenere delle velocità incredibili, di dieci e perfino undici miglia all’ora, appariva all’orizzonte per poi sparire quasi subito.
Talvolta invece erano vere flottiglie di navi chinesi naviganti di conserva per maggior sicurezza, di ts’ ao chwan ossia grosse giunche dai fianchi larghi e la prora assai rigonfia, di ta-ju-chwan ossia di grosse barche da pesca ad un solo albero, o di tia chau-ting velocissime barche a due alberi, adoperate per lo più dai contrabbandieri per introdurre le merci chinesi nelle isole spagnuole od olandesi senza pagare i gravosi diritti di dogana.
Non mancavano però i prahos montati dagli arditi malesi e armati di spingarde ed i geong altra specie di velieri più grandi dei primi, forniti di rande e di fiocchi e portanti qualcuno di quei grossi cannoni chiamati meriam, d’ottone ordinario fatto con una lega di piombo e di rame del fondo delle navi, ed era da questi veloci navigli che il vecchio chinese ben si guardava.
Il 28 aprile la tow-mêng, che aveva accelerata la corsa, essendo cresciuto il vento, dopo essere passata attraverso i banchi sottomarini di Aguirre, si cacciava fra le Cuyo, vasto arcipelago formato d’isole e d’isolotti di natura corallina, che si estende fra le coste settentrionali di Palauan e quelle occidentali di Panay del gruppo delle Filippine.
Non ve ne sono che quattro o cinque che abbiano una certa estensione, Cuyo che è la maggiore, Agutaya, Manamoci e Canipo; tutte le altre sono di poca vastità e molte sono anche disabitate.
Fu fra quelle isole che la tow-mêng, corse il pericolo di subire un attacco da parte di quegli irrequieti e bellicosi abitanti, che rimpiangono i bei tempi della pirateria protetta dal sultano delle Sulù.
Due prahos, approfittando dell’oscurità della notte, avevano tentato di stringerla verso l’isola di Dit, forse per farla assalire dai costieri, ma Tseng-Kai e Hong, accortisi a tempo di quella manovra sospetta, avevano fatto scaricare il pezzo di prora, onde avvertire quei predoni che possedevano dei potenti mezzi di difesa e la detonazione era stata sufficiente per far sfumare le idee bellicose di quei furfanti.
Il 30 anche il vasto arcipelago veniva felicemente superato senza altri cattivi incontri e la tow-mêng, sbarazzata dal pericolo di urtare contro qualcuno dei numerosi banchi ed isolotti, riprendeva liberamente la corsa verso il sud-est, puntando verso le isole Gagayanes.
— Fra cinque o sei giorni, se il tempo non cambia, noi avvisteremo le coste occidentali di Mindanao, — disse Hong a Than-Kiù.