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46 Capitolo settimo


hanno una superficie notevole, e cioè Busuanga, che è la maggiore, Calamian e Penon de Coron, che è la più piccola. Le altre sono quasi tutti isolotti, pochissimo abitati e cinti per lo più di scogliere che ne rendono difficile l’approdo anche alle navi di piccola portata.

La popolazione di tutte queste isole, di poco supera le ventimila anime. Sono tutti coltivatori che traggono, da quelle terre fertilissime di che vivere abbondantemente con poca fatica, ma nell’interno vi sono delle tribù d’igoroti, ossia di selvaggi dalla pelle nera, i quali vivono quasi indipendenti e godono fama di essere cattivissimi, inospitali.

La tow-mêng, che malgrado le sue forme massicce e la sua velatura quasi primitiva, teneva bene il mare, avendo avuto fino allora tempo favorevole e buon vento, appena avvistata la punta Coconongon di Busuanga, chiuse parte delle sue vele per rallentare la marcia. Non era prudente mantenere troppa velocità in quel mare cosparso d’isole, d’isolotti, di banchi e di scogliere pericolosissime.

Rilevata la punta, il vecchio chinese mise la prora verso il sud-est, in modo da passare fra la costa dell’isola e le due minori di Tara e di Bantac.

Il tempo era splendido ed il mare tranquillo. Non una nube su quel cielo d’un azzurro brillante, d’una purezza meravigliosa, saturo di luce, la quale si rifletteva sulla superficie marina con degli scintillìi abbaglianti che ferivano gli occhi.

Una brezzolina fresca, che soffiava da tramontana, mitigando gli ardenti raggi del sole, spingeva la giunca verso il sud-est con una velocità di quattro nodi all’ora, gonfiando le enormi vele di giunchi intrecciati.

Hong e Than-Kiù, seduti sull’alta prora, sotto una tenda che li riparava dall’intenso calore, guardavano con viva curiosità le alte spiagge di Busuanga che spiccavano nettamente sul luminoso orizzonte; le giunche di varie specie veleggianti verso la grande Calamina; i rapidi e leggeri prahos scivolanti, come giganteschi farfalloni dalle ali dipinte in rosso cupo a striscioni neri, sulla calma superficie del mare.

Di quando in quando il chinese, che in gioventù, al pari di quasi tutti i suoi compatrioti della costa, aveva percorso i mari della China, indicava alla giovanetta grandi stormi di pesci che venivano a guizzare attorno alla giunca, scherzando fra la spuma.

Erano coppie di diodon, pesci assai strani, che abbondano in quelle tiepide acque della zona torrida, naviganti col ventre in su e che di tratto in tratto ingoiano un’abbondante provvista d’aria, diventando allora rotondi come palle o meglio come i ricci, poichè i loro corpi