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278 Capitolo trentacinquesimo


mano si ravviò nervosamente i capelli, si gettò sulle spalle il mantello di seta coprendosi parte del volto, poi entrò in punta dei piedi, fermandosi in mezzo alla capanna.

Anche in quella dimora, così lontana dai paesi civili, costruita in mezzo alla foresta vergine, s’indovinava di primo colpo la presenza d’una donna abituata agli agi della vita.

Il pavimento era coperto di stuoie di fibre di cocco, stuoie dovute non certo alle mani dei negriti; alcune sedie di bambù, lavorate grossolanamente, ma non perciò incomode, si vedevano intorno ad una tavola; in tutti gli angoli vi erano certe specie di enormi zucche ripiene di fiori raccolti senza dubbio nella vicina foresta, esalanti delicati profumi, poi dei vasi di terracotta di forme strane, usati forse per la cucina.

In un angolo, Than-Kiù vide, distesa sopra un letto di fresche foglie e coperta da una splendida pelliccia di pantera nera, una giovane donna che subito riconobbe.

— Lei, — mormorò con voce cupa.

Quella donna era Teresita d’Alcazar, ma non più bella e fresca come la giovane chinese l’aveva veduta a Manilla, due mesi prima. La febbre, i disagi di quel lungo viaggio sotto i morsi spietati del sole equatoriale, le privazioni a cui mai era stata abituata, avevano lasciate le loro tracce su quel viso un giorno così grazioso.

Era pallida e dimagrita ed aveva perduta quella leggera tinta bruna, particolare alle donne di razza andalusa e che stava così bene sull’ardito volto della Perla di Manilla. Teresita dormiva ancora, con un braccio posato sotto il capo, seminascosto dai lunghi e bruni capelli; la sua respirazione era però alterata, poichè il corsetto di percallina azzurra che le copriva il petto, si sollevava a rapide intermittenze.

Than-Kiù, sempre immobile, colle mani strette attorno ai lembi del suo mantello di seta, guardava la rivale d’un tempo, con due occhi nei quali brillava una sinistra fiamma.

Doveva esser là da parecchi minuti, quando Teresita, quasi avesse presentita la vicinanza di quella fanciulla che poteva, da un momento all’altro, lasciarsi trasportare dalla passione vinta sì, ma non interamente domata, si svegliò bruscamente.

I suoi occhi neri, dal lampo vivido, dopo essersi aperti e richiusi alcune volte, si fissarono sul Fiore delle perle che conservava sempre una immobilità minacciosa.

Ad un tratto Teresita s’alzò con uno scatto di fiera, col viso alterato, colle lunghe e nere sopracciglia incrociate. Un grido, forse di stupore, e fors’anche d’ira a gran pena repressa, le sfuggì.