Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
266 | Capitolo trentatresimo |
— Io non lo so, — rispose Bunga, — qualche cosa però qui succederà.
— E non più tardi di domani, se vorremo salvare gli uomini bianchi, — disse Hong. — Se il sultano manda i suoi guerrieri a frugare la foresta, Romero e Teresita sono perduti.
— Hai qualche idea, Hong? — chiese Than-Kiù, che fino allora lo aveva ascoltato senza interromperlo.
— Sì, Fiore delle perle. —
Si volse verso Bunga e gli chiese:
— La tua scorta è fidata?
— E risoluta, — rispose il capo.
— Questa notte ne avremo bisogno.
— È a tua disposizione.
— Hai liquori inebrianti?...
— Ho del vino di palma distillato ed in grande quantità.
— E animali?...
— Ho tre o quattrocento porci.
— È necessario sacrificare una buona parte delle tue provviste.
— Sono pronto a qualsiasi cosa, pur di sbarazzarmi di questo pericoloso personaggio. Esso è cattivo e sarebbe capace di condurmi schiavo a Butuan.
— Sarà lui che correrà il pericolo di diventare tuo schiavo. —
Il capo degli igoroti guardò Hong con uno stupore impossibile a descriversi:
— Tu dimentichi che il sultano ha qui duecento guerrieri, — disse.
— Questa sera saranno tutti ubriachi fradici, — disse Hong, con un sorriso.
— Il vino di palma non basterà.
— Sì, perchè io vi scioglierò dentro certe pillole da renderli ebbri.
— Hai conservato dell’oppio, Hong? — chiese Than-Kiù.
— Ho fatto una provvista a bordo della barca del pirata e anche Sheu-Kin ne ha.
— E quando saranno tutti ubriachi? — chiese Than-Kiù.
— Allora il sultano sarà nostro. Basta, ecco quei gaglioffi che vengono a cercarci. S. M. desidera forse vederci nuovamente. —
Dieci guerrieri mindanesi, guidati dal capo della scorta, s’avanzavano verso le capanne occupate dai chinesi e da Bunga.
Sua Maestà mandava a pregare i chinesi di recarsi prontamente da lui assieme al capo degli igoroti, onde passare alcune ore in lieta compagnia.
— Quel briccone ci prende per suoi buffoni, — disse Hong. — Ha forse la pretesa che noi balliamo dinanzi a lui?... —