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Un superstite della «Concha» 259


— E m’avrebbe fatta sua moglie se prima non avesse amata la Perla di Manilla e non le avesse giurato di esserle fedele. Ho avuto il torto di conoscerlo troppo tardi o meglio di fargli comprendere troppo tardi la passione che bruciava il cuore del Fiore delle perle. Orsù! tutto è finito; il destino ha vinto, ma mi ha lasciata una rivincita che cancellerà la prima disillusione e che mi farà ancora felice.

— E quale, Than-Kiù?

— Di possedere il cuore del più valoroso chinese; il tuo, Hong.

— Sì, lo possiedi tutto, assieme alla mia vita. Ti giuro, mia povera fanciulla, che se hai tanto sofferto io ti farò felice e che non rimpiangerai più mai il tuo primo amore. —

Il quell’istante il marinaio mandò una esclamazione di stupore e lo si vide impallidire.

— Per la nostra Madonna del Pilar!... — esclamò. — Cosa succede nel villaggio di Bunga?... —

Anche i due igoroti che lo accompagnavano si erano arrestati mandando un grido gutturale che pareva di sorpresa e anche d’inquietudine.

— Che cosa avete? — chiese Hong, rivolgendosi al marinaio.

— Non vedete voi avanzarsi sul lago una numerosa flottiglia?... Guardatela, sta doppiando una punta che finora l’aveva nascosta ai nostri occhi. —

Hong, Than-Kiù ed i loro compagni avevano rivolti gli sguardi verso una lunga e stretta penisola che si prolungava sul lago.

In quella direzione era improvvisamente comparsa una flottiglia composta d’una trentina di grandi canoe, montate da un gran numero di persone armate di lance e di fucili.

La precedeva una canoa di dimensioni straordinarie, che pareva fosse stata scavata nel tronco d’un tek gigantesco, addobbata in rosso e con una specie di padiglione al centro.

Quaranta remiganti seminudi la spingevano con un accordo perfetto, facendo balzare molto alta l’acqua.

— Chi sono quegli uomini? — chiese Than-Kiù, con un leggiero tremito.

— Temo che il dubbio si sia convertito in realtà — disse il marinaio della Concha, aggrottando la fronte.

— Cosa volete dire?...

— Da qualche tempo si vociferava nel villaggio che il Sultano di Butuan sarebbe venuto a vedere i prigionieri dalla pelle bianca e reclamarli per conto suo.

— Possibile!... — esclamò Than-Kiù, facendosi smorta.