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L’ultimo combattimento 243


Ripresero i loro posti senza aver nulla deciso, sperando che i selvaggi perdessero la pazienza e si decidessero a tentare l’attacco. Quel pericolo che prima tanto temevano, ora lo desideravano ardentemente.

Pareva però che i selvaggi non avessero nessuna fretta, poichè l’intera giornata trascorse senza che avessero dato segno di vita.

Tramontato il sole e calate le tenebre gli assediati raddoppiarono la vigilanza, essendo ormai certi di venire assaliti da un momento all’altro.

Le loro previsioni non dovevano fallire.

Non era ancora trascorsa un’ora da che le ombre della notte erano calate, quando il malese, che si trovava più vicino alla foresta, udì dei bisbigli sommessi ed un fruscìo di foglie.

Assicuratosi che non s’ingannava, s’avvicinò a Hong, dicendogli:

— Stiamo in guardia: i cacciatori di teste cercano di sorprenderci.

— Siamo pronti a riceverli, — rispose il chinese. — Da qual parte s’avanzano?

— Salgono la collina.

— Cambiamo la fronte. —

Prese i fasci di rami e andò a collocarli dalla parte ove il malese aveva uditi i rumori, poi chiamò Sheu-Kin.

— Noi, che abbiamo le armi da fuoco, mettiamoci qui, — disse. — Tiguma rimarrà a guardia dalla parte della salita. —

I due chinesi, il malese e Than-Kiù si sdraiarono dietro la barriera di spine e dietro i fasci di rami, tenendo gli occhi fissi sulle macchie foltissime che avevano dinanzi.

I cacciatori di teste s’avanzavano e forse in rango serrato. Si udivano muoversi le foglie, spostarsi i rami, e agitarsi le grandi foglie dei banani.

Hong ed i suoi compagni si erano inginocchiati, tenendo le armi puntate verso la foresta. Quantunque giudicassero la loro situazione quasi disperata, tutti conservavano una calma ammirabile. Anche Than-Kiù, la sorella del fiero Hang-Tu, era tranquilla e non mostrava alcuna apprensione.

D’improvviso un clamore assordante rompe il silenzio che regna sotto la cupa foresta.

Una valanga di corpi umani si rovescia, con impeto irresistibile, fuori dalle macchie, precipitandosi verso il rifugio.

I cacciatori di teste si sono scagliati all’assalto, credendo di tutto abbattere dinanzi a loro e di avere facilmente ragione dei loro avversari.

Hanno gettato l’arco ed impugnano i loro kampilang, quelle pe-