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L'assalto della tigre 227


— Ci converrà attendere che s’addormentino. Si potrebbe intanto raggiungere qualche altura dominante l’accampamento. —

Il malese avvertì il giovane selvaggio del desiderio espresso dal chinese.

— Seguitemi, — disse Vindhit.

Invece di salire il burrone di fronte, piegò a sinistra, cacciandosi fra i cespugli che coprivano la china.

Il passaggio era tutt’altro che facile, essendo costretti a tracciarsi una via, pure raggiunsero felicemente l’orlo superiore del burrone.

Vindhit si preparava a cacciarsi in mezzo alle alte piante della boscaglia, quando fu veduto retrocedere vivamente, come se si fosse trovato dinanzi a qualche grave pericolo.

— Cosa c’è? — chiese il malese, che gli veniva dietro.

Un sibilo acuto, che gli fece gelare il sangue nelle vene, fu la risposta.

— Un serpente? — esclamò.

— E dei più pericolosi, — rispose l’isolano, con voce soffocata.

— L’hai veduto?

— No, però deve esserci vicino. —

Hong aveva pure udito il sibilo del rettile e, non ostante il suo coraggio, era diventato pallido.

— Non far uso del fucile, Pram-Li, — disse precipitosamente. — Uno sparo sarebbe la nostra perdita!...

— Ci assalirà, Hong.

— Mano ai coltelli.

Il sibilo si fece udire nuovamente e questa volta più vicino. Il malese fece un passo indietro, esclamando con voce terrorizzata:

— Un ular-burong!... In guardia, Hong!... È velenosissimo!...

— L’hai scorto?...

— Sì.

— Dove si trova?

— In mezzo a questo cespuglio che ci sbarra la via.

— Ridiscendiamo il burrone? — chiese Vindhit. — Possiamo trovare un altro passaggio.

— Troppo tardi!... — esclamò Pram-Li. — Eccolo!... —

Il rettile si era slanciato fuori dal cespuglio, rizzandosi minacciosamente dinanzi ai tre uomini.

Il malese non s’era ingannato. Si trattava di un vero ular-burong, grosso rettile che raggiunge una lunghezza di quasi due metri e che ha la pelle azzurro-cupa rigata di giallo dorato.

Vedendosi dinanzi il giovane selvaggio, gli si slanciò contro, cer-