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220 | Capitolo ventinovesimo |
pena il felino si fosse mostrato e presso gli stava il giovane selvaggio con l’arco teso e la freccia incoccata.
La tigre, accortasi di qualche cosa, mugolava sordamente e di tratto in tratto si vedeva muovere, in mezzo alle canne, la sua coda giallastra ad anella nere. Era inquieta, lo si capiva.
Hong mirò per qualche istante, poi premette il grilletto.
La detonazione fu seguìta da un urlo spaventoso. La tigre aveva fatto un salto in aria abbattendo i bambù che si trovavano a portata delle sue zampe, poi era ricaduta fra i vegetali.
— È morta! — gridò Pram-Li.
— Andiamo ad assicurarcene, — rispose Hong, lietissimo di quel colpo maestro.
Senza prendersi la briga di caricare l’arma, si slanciò verso il luogo ove era caduta la fiera, seguìto dal malese e dal giovane selvaggio.
Quando giunse presso i bambù spezzati, vide a terra la tigre. Giaceva sul fianco destro ed aveva lo splendido pelame macchiato di sangue.
— È finita, — disse.
Stava per curvarsi onde meglio esaminarla, quando la tigre d’un balzo fu in piedi, scagliandosi furiosamente addosso all’imprudente cacciatore.
Hong, urtato poderosamente, non resse e cadde fra i bambù. Quel capitombolo fu la sua salvezza, poichè se avesse cercato di resistere avrebbe certamente provato l’acutezza di quelle terribili unghie.
La fiera, trovandosi dinanzi al malese ed al giovane selvaggio, esitò un momento, sconcertata forse della mala riuscita dell’attacco.
Quel momento le fu fatale. Il malese, dinanzi al pericolo, aveva riacquistato prontamente il coraggio.
Con moto istintivo allungò il fucile, puntandolo sul petto della fiera e fece fuoco precipitosamente.
L’animale cadde di peso, fulminato da quella scarica. La palla doveva avergli attraversato il cuore.
— È morta!... — urlò il malese, mentre il giovane selvaggio, con un tremendo colpo di coltello le squarciava il collo.
Hong si era di già alzato, stringendo il fucile per la canna.
— Per Fo e Confucio! — esclamò. — Ecco un colpo che vale il mio!...
— E sparato a tempo, Hong. Credevo già di sentirmi lacerare vivo. —
Si curvarono sull’animale, osservandolo attentamente.
Era una tigre delle più grosse, non però tale da eguagliare quelle dell’India, che sono le più belle e le più sviluppate della specie.