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218 | Capitolo ventottesimo |
— Saccaroa!... Viene?...
— Odi?... —
A venti passi si erano vedute agitarsi le cime dei bambù, poi un grido pauroso erasi alzato, rompendo il silenzio che regnava nella macchia.
A-o-ung!... Era ben l’urlo del terribile mangiatore d’uomini; il malese lo aveva udito troppe volte echeggiare nelle jungle della Malacca per potersi ingannare.
— È una minaccia o che si prepari a darci addosso? — chiese il malese, il quale era impotente a frenare il tremito che lo aveva preso.
— Credo che abbia l’intenzione di punire i ladri, — disse Hong, con una calma meravigliosa. — Forse giungerà troppo tardi. Orsù, in ritirata con la fronte volta al nemico.
Capitolo XXIX
L’assalto della tigre
La tigre si era fatta annunciare dal suo grido di guerra.
Tali animali sono ferocissimi, specialmente quando hanno cominciato ad assaggiare la carne umana, però sono nell’istesso tempo d’una prudenza estrema.
Non affrontano l’uomo di fronte, a viso aperto, come si suol dire; preferiscono l’agguato o la sorpresa, confidando nella propria elasticità la quale è veramente meravigliosa.
Non si creda però che avesse abbandonato l’inseguimento degli avversari. No, s’avanzava prudentemente, scivolando fra i bambù, adagio adagio, spiandoli attraverso le foglie, ma senza mostrarsi.
Probabilmente non aveva reputato buono il momento per slanciarsi sulle prede umane.
Hong ed i suoi due compagni si ritiravano pure adagio, con gli occhi in guardia, le armi pronte. Non ardivano volgere le spalle per paura che il terribile felino, con un gran salto, piombasse addosso a loro prima che avessero avuto il tempo di far fronte al pericolo.
Hong non aveva perduto il suo straordinario sangue freddo e si manteneva calmo; il malese ed il giovane selvaggio, al contrario, provavano dei tremiti che rassomigliavano ai brividi che produce la febbre.
— Coraggio, — ripeteva Hong.