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212 Capitolo ventottesimo


Trasportati quindi quei bambù sulla riva del fiume, si posero tutti alacremente all’opera per costruire, più presto che era possibile, il galleggiante.

Il malese, che era stato marinaio e che se ne intendeva, diresse così bene la costruzione che due ore dopo la zattera si trovava pronta a prendere il largo.

Era un galleggiante lungo una diecina di metri e largo cinque o sei, a strati di canne sovrapposte le une alle altre, in modo da impedire all’acqua di bagnare quella specie di piattaforma.

Il malese aveva fatto innalzare al centro una specie di capannuccia, o meglio di tettoia, per riparare dal sole la giovane chinese.

— Partiamo, — disse Hong, aiutando il Fiore delle perle a salire sul galleggiante. — Ogni ora che perdiamo è una probabilità di meno che ci rimane.

— Lo salveremo, Hong? — disse la giovane.

— Speriamo, Than-Kiù. —

Salirono tutti, e munitisi di lunghi bastoni che dovevano servire da remi, spinsero la zattera al largo.

La corrente che in quel luogo era abbastanza forte, descrivendo il fiume una rapida curva, trascinò il galleggiante verso la riva opposta, facendolo girare per qualche po’ su sè stesso, poi lo spinse nel filo d’acqua con una velocità di sette od otto chilometri all’ora.

Hong, visto che ormai non vi era più bisogno del suo braccio, si ritrasse sotto la piccola tettoia dove già si era rifugiata Than-Kiù, mentre il malese, a poppa, guidava il galleggiante con un lungo remo.

Sheu-Kin e Vindhit, sdraiati a prora, sorvegliavano le due rive ed avvertivano il malese della presenza dei banchi di sabbia.

Il fiume pareva che scorresse attraverso una regione assolutamente deserta, poichè non si vedeva sorgere alcuna abitazione.

Esso però lambiva delle splendide foreste, antiche quanto la creazione del mondo, e ricche d’ogni sorta di piante preziosissime.

Di quando in quando in mezzo a quel caos di tronchi, di cespugli, di radici di calamus e di rotang intrecciantisi in mille modi, apparivano gruppi di lauri dalla scorza aromatica, macchie di noci moscate, di tamarindi, di mangifere, di cocchi, di sagu, di arecche e di alberi del pepe, coperti da miriadi di grappoletti rossi, ricchezze assolutamente perdute poichè, a quanto pareva, nessun abitante aveva rizzato la sua capanna sulle rive del fiume.

Numerosi volatili s’alzavano fra i canneti e le piante acquatiche che costeggiavano il corso d’acqua e volteggiavano fra i rami degli alberi.

Vi erano delle ardee dalle gambe lunghe e sottilissime, il becco