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208 | Capitolo ventottesimo |
Ciò detto, si gettò risolutamente in acqua, nuotando vigorosamente. Than-Kiù, tenendosi al suo collo con una sola mano, coll’altra teneva in alto i due fucili e le fiaschette della polvere.
Mentre il chinese fendeva la corrente, Sheu-Kin ed il malese avevano raggiunto un banco di rocce, e di là avevano aperto il fuoco contro la riva.
Gli uomini del bagani, rimessisi un po’ dallo spavento, si erano radunati, immaginandosi che i loro avversari approfittassero di quel momento per andarsene.
Vedendo Hong in mezzo al fiume, cominciarono a scagliare frecce ed a sparare qualche colpo di fucile. Alcuni, più audaci, balzarono in acqua, risoluti a dare la caccia al nuotatore, ma Pram-Li e Sheu-Kin vegliavano attentamente.
— A me il primo ed a te il secondo!... — gridò il malese, saltando su una roccia.
Due colpi di fucile risuonarono e due uomini, i primi che si erano immersi, sparvero sott’acqua, lasciando alla superficie un cerchio sanguinoso.
Urla feroci scoppiarono fra i banditi a quel doppio colpo riuscito così bene, però nessuno si sentì il coraggio di affrontare i due esperti bersaglieri, anzi i più vicini credettero bene di ripararsi dietro agli alberi che crescevano lungo la riva.
Il malese si volse e vide che Hong aveva di già raggiunto felicemente un banco di sabbia e che aveva ormai deposta a terra la giovane chinese.
— In acqua, — gridò a Sheu-Kin. — Tieni il fucile e le munizioni nella mano sinistra e bada di non bagnare nè l’uno, nè le altre.
— Sono buon nuotatore, — rispose il chinese.
Gli uomini del bagani, vedendoli immergersi, uscirono dal bosco per dare loro la caccia o almeno per tentare di ucciderli a colpi di freccia.
Hong si era preparato a proteggere la ritirata dei suoi compagni. Nascostosi dietro ad un tronco d’albero, sparò due colpi contro la banda urlante, abbattendo il più vicino.
Than-Kiù si era affrettata ad imitarlo, facendo cadere un selvaggio che pareva fosse qualche personaggio importante, a giudicarlo dal turbantino che portava in testa.
Era troppo pel coraggio di quei furfanti.
Reputando ormai impossibile un inseguimento, ora che i loro avversari erano riusciti ad attraversare il Bacat, dopo d’aver urlato e minacciato e d’aver quasi esaurita la loro riserva di dardi, si sbandarono scomparendo sotto i grandi alberi che costeggiavano il fiume.