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Un amico misterioso | 195 |
Capitolo XXVII
Un amico misterioso
Dopo quelle scariche e quelle urla, un profondo silenzio era succeduto sulle rive del Bacat, solamente rotto dal rumore della corrente frangentesi contro le rupi e sulle ghiaie dei banchi.
Hong, in preda a tristi pensieri, si era seduto sul margine della galleria, colle gambe penzolanti sul fiume, guardando distrattamente la corrente. Pareva che non pensasse più al grave pericolo che lo minacciava e nemmeno ai suoi compagni.
Tiguma, dall’altra parte, ritto sulla roccia che scendeva quasi a picco, ascoltava con profonda attenzione, cercando di raccogliere il menomo rumore che potesse indicare un ritorno offensivo dei cacciatori di teste.
Than-Kiù, accoccolata presso al malese ed a Sheu-Kin, pareva pure immersa in profondi pensieri, e non prestava orecchio alle parole sommesse che si scambiavano i suoi due compagni.
Un sibilo lamentevole, che si fece udire sopra le loro teste, strappò gli assediati dalle loro meditazioni.
— Il sibilo d’un serpente o d’una freccia? — chiese Hong, alzandosi rapidamente.
— D’una freccia, — disse Pram-Li.
— Scagliata da dove? Hai veduto nessuno sul fiume?...
— Ma no, — rispose il malese. — Se qualcuno si fosse spinto sulle acque, l’avremmo subito scoperto.
— E in tal caso come può essere entrata quella freccia? — chiese Than-Kiù.
— Si tratta poi, innanzi tutto, d’una freccia? — disse Sheu-Kin. — Io sarei curioso di vederla.
— Cerchiamola, — disse il malese.
Pram-Li accese un pezzo d’esca, e mentre Sheu-Kin si metteva a guardia della galleria, sorvegliando dalla parte del fiume, gli altri si dispersero fra le rocce, cercando il dardo.
Dopo pochi istanti Pram-Li lo trovava infatti in un crepaccio della vôlta. Dalla sua direzione, capì subito che non doveva essere stato lanciato dalla parte del fiume.
— È strano! — esclamò, guardando con ansietà dall’opposta parte della galleria. — Tiguma!...