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L'inseguimento dei guerrieri del «bagani» 191


— Ho udito un altro segnale.

— Che riescano a scoprirci?...

— È probabile, ma vi sarà facile respingere l’assalto.

— Lo spero, poichè possediamo ancora un buon numero di cartucce. Vi è tuttavia il pericolo che ci assedino.

— È vero, non avevo pensato a questo.

— E nulla abbiamo da porre sotto i denti, anzi siamo tutti affamati.

— Vi sono dei banani poco lungi da qui.

— E chi andrà a coglierli?...

— Io.

— Per farti uccidere?...

— Sono lesto e prudente. Se i nemici non sono ancora giunti sulle rive del fiume, posso tentare la sorte.

— Sei un brav’uomo, Tiguma.

— Voi avete salvato me, la mia donna e tutta la tribù, è quindi giusto che io cerchi di salvare ora voi.

— Vuoi che ti accompagni?...

— No, voi non possedete la mia agilità. Vegliate e non temete per me.

Ciò detto, il bravo igoroto si armò d’un coltello datogli da Hong e scese silenziosamente la rupe.

I tre chinesi ed il malese, che erano andati verso l’apertura, lo videro giungere felicemente sulla riva, e quindi allontanarsi lungo le alte rupi.

— Che lo uccidano?... — chiese Than-Kiù. — Mi rincrescerebbe che quell’affezionato giovane cadesse sotto i colpi di quei feroci uomini.

— È prudente e destro, — rispose Hong. — Io ho fiducia completa in lui. —

Si misero in ascolto, tenendo in mano le carabine, decisi ad accorrere in suo soccorso al primo allarme.

Passarono cinque minuti d’angosciosa aspettativa, senza che fosse giunto fino a loro alcun rumore od alcun grido, poi udirono, proprio sotto la roccia, come uno sgocciolìo d’acqua.

— Cos’è questo?... — si chiese Pram-Li, spingendosi innanzi. — Si direbbe che qualcuno stia lavandosi o che esca dal fiume. —

Guardò giù e fra le tenebre credette di scorgere una forma umana, ferma sulla riva del Bacat.

— Sei tu, Tiguma?... — chiese con un filo di voce.

— Sì, — rispose il selvaggio.

Aveva lasciata la riva e saliva faticosamente, come se fosse imbarazzato da qualche peso troppo enorme per lui.