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188 | Capitolo ventiseesimo |
La foresta tendeva sempre a diradarsi; vi erano però ancora dei fitti macchioni, formati per lo più da banani selvatici e da arecche, intrecciati a liane e che si prestavano per una imboscata.
Il drappello marciava rapido e procurava tuttavia di tenersi lontano per non ricevere qualche scarica improvvisa di fucili od una volata di frecce avvelenate.
Tiguma soprattutto, da vero uomo dei boschi, non s’impegnava fra i fitti vegetali senza aver prima ascoltato a lungo e aver esplorato il terreno, giacchè era certo, quantunque non si udisse alcun rumore sospetto, di essere seguìto dagli uomini del bagani.
A mezzodì essendo tutti stanchi per quella lunghissima marcia, decisero di fare un breve alt ai piedi d’un altro colossale albero della canfora fra i cui rami potevano, in caso di pericolo, cercare un rifugio ed organizzare una disperata resistenza.
Il giovane selvaggio, abituato a quelle lunghe corse, invece di riposare, intraprese una esplorazione lungo la via che avevano percorsa, per accertarsi meglio del numero dei cacciatori di teste che li inseguivano.
La sua assenza durò quasi due ore e quando fece ritorno al campo era trafelato come se avesse fatto una lunga marcia.
— Hai veduto i nemici? — gli chiese Pram-Li.
— Sì, — rispose egli. — Ci seguono sempre.
— Sono lontani da noi?
— Un’ora di marcia.
— Sono molti?
— Sono cresciuti di numero.
— Furfanti!... Sperano proprio di sorprenderci.
— Questa notte li avremo addosso.
— Ed il Bacat è ancora lontano?
— Vi giungeremo fra quattro ore.
— E Tiguma dice che colà troveremo delle caverne? — chiese Hong a Pram-Li.
— E molte, sembra.
— Quando saremo a posto, infliggeremo una tale lezione a quegli ostinati, da ricordarsene per parecchio tempo. Than-Kiù, fanciulla mia, bisogna che tu faccia un ultimo sforzo.
— Sono pronta a ripartire, — rispose la giovane.
— In cammino, amici. Non bisogna che quei furfanti ci raggiungano. —
La ritirata fu ripresa con maggior celerità, temendo di venire da un istante all’altro raggiunti dagli uomini del bagani.
Hong faceva coraggio alla povera Than-Kiù, la quale pareva esausta,