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'La pantera nera 157


— Appoggia il tuo capo su questo guanciale, mia valorosa amica, — disse Hong a Than-Kiù indicandole la pantera che aveva trascinata in un angolo della capanna. — Starai meglio che sulle foglie.

— Ne approfitterò, — rispose la giovanetta. — È un guanciale che mi sono procurata con non poca fatica e molta emozione.

— Ti credo; simili animali fanno paura a tutti, e sono certo che nessuna altra donna avrebbe osato affrontare questa pantera. Te lo dico io, e questo è il più bell’elogio che possa fare al tuo valore. Tu sei degna sorella dell’eroe degli uomini gialli. —

Chiusero la porta sprangandola, esaminarono le pareti della capanna per vedere se i rami erano piantati solidamente, e rassicurati di ciò, si sdraiarono sui loro giacigli di foglie, mettendosi vicine le carabine ed i kampilang.

Sonnecchiavano forse da un paio d’ore, quando il malese, che dormiva sempre con un solo occhio, per modo di dire, fu svegliato da un leggero stridìo che pareva provenisse dall’alto.

Sorpreso per quel rumore insolito, s’alzò a sedere e si mise in ascolto. S’accorse subito che veniva dal tetto della capanna; pareva che qualcuno grattasse gli strati di foglie, procurando di non far troppo rumore.

— Cosa può essere? — si chiese. — Che qualche scimmia abbia cercato rifugio sul tetto della capanna?... —

Stette per alcuni istanti cogli orecchi tesi, poi essendo il rumore cessato, si ricoricò mormorando:

— Bah!... Sarà qualche scimmia o qualche grosso uccello, qualche calao, forse. —

Chiuse gli occhi, senza che gli fosse balenato nel cervello il pensiero che invece d’un quadrumane o d’un volatile potesse trattarsi della pantera nera o di qualche pardo nebuloso, animali dotati d’una agilità così straordinaria da potersi arrampicare, quasi senza far rumore, perfino sui più alti alberi e anche sui tetti delle capanne.

Una certa inquietudine gl’impedì di riprendere il sonno e fu una vera fortuna, poichè s’accorse ben presto che quello scricchiolìo continuava e più forte di prima. Questa volta pareva che si cercasse davvero di levare le foglie e di spostare i rami che formavano i travicelli di sostegno.

Tornò a levarsi e credendo sempre che si trattasse d’una scimmia, alzò la carabina e percosse coll’estremità della canna il soffitto per far fuggire l’importuna.

Il rumore cessò di nuovo, anzi gli parve che qualcuno balzasse a terra, avendo udito muoversi le foglie d’un cespuglio che cresceva a pochi passi dalla capanna.