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156 Capitolo ventunesimo


tuttavia la pantera, per nulla spaventata, continuò a lavorare d’artigli.

Pram-Li e Than-Kiù non avevano perduta la testa. Passato il primo istante di terrore, avevano puntate in alto le carabine.

L’hariman ne afferrò una fra i denti cercando di schiacciarla o di strapparla, ma i due colpi partirono quasi simultaneamente.

La fiera, col capo fracassato, fece un balzo in aria, poi la si udì cadere pesantemente al suolo, dinanzi alla buca.

— È morta!... — si udirono a urlare Hong e Sheu-Kin.

Than-Kiù mosse alcuni rami e guardò fuori cercando cogli sguardi la pantera nera. Questa, forse spaventata da quelle detonazioni e per la morte della compagna, era scomparsa.

— Non vedo più l’altra, — disse.

— Credo che ne abbia avuto abbastanza e che non tornerà più ad importunarci, — rispose Pram-Li. — Usciamo di qui. —

Rovesciarono i rami ed aiutandosi l’un l’altro si slanciarono all’aperto, dove s’incontrarono con Hong e Sheu-Kin, che si erano affrettati a uscire dalla capanna.


Capitolo XXII

La pantera nera

L’hariman-bintang era proprio morta.

Una palla, entrandole in bocca, le aveva fracassato il cranio attraversandole il cervello, e l’altra l’aveva colpita fra le gambe anteriori, penetrandole nel petto.

Era una splendida bestia, pesante trenta o trentacinque chilogrammi, col pelame bellissimo, d’un giallo un po’ oscuro picchiettato e lucente come la seta, e formidabilmente armata d’artigli aguzzi, lunghi cinque o sei centimetri.

Hong la mosse replicatamente col piede per accertarsi che era proprio spirata, poi la prese per la lunga coda e la trascinò nella capanna, contando di scuoiarla per offrire alla fidanzata un soffice tappeto.

— Credi che passeremo la notte tranquilli? — chiese a Pram-Li.

— La compagna di questa non oserà più assalirci, — rispose il malese. — Sono belve assai audaci, ma si sarà accorta che noi siamo persone che non si lasciano divorare come dei polli o delle scimmie inoffensive.