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154 Capitolo ventunesimo


Il malese e la giovanetta, inginocchiati l’uno accanto all’altra, essendo la buca poco profonda, col volto appoggiato ai rami che li difendevano, ascoltavano con profondo raccoglimento e spiavano ansiosamente gli alberi ed i cespugli vicini.

Il fuoco acceso da Sheu-Kin si era spento, ma intorno alla buca ondeggiava ancora il fumo fetente del grasso gettatovi sopra per allettare l’ingordigia delle due pantere. Pure pareva che le due sanguinarie fiere non avessero nessuna fretta a mostrarsi.

Ad un tratto però, l’udito acuto del malese distinse una nota sommessa, come soffocata, che pareva fosse partita dalla parte della capanna.

— Vengono, — mormorò agli orecchi di Than-Kiù.

— Le pantere? — chiese questa.

— Sì.

— Non ho udito nulla.

— Le hariman non hanno la voce forte come le tigri, anzi a trenta metri non si ode più il loro grido.

— Le vedi?...

— Non ancora.

— Che assalgano prima la capanna?...

— L’odore del grasso bruciato le attirerà qui, sta’ tranquilla. Ti raccomando di non far fuoco che a colpo sicuro poichè se falliamo, si getteranno su di noi e faranno di tutto per smuovere i rami e prenderci.

— Sono adunque così terribili?

— Più audaci e più risolute delle tigri. Quasi mai fuggono, nemmeno se si vedono strette da tutte le parti. A Giava ho assistito sovente alle lotte che quei rajah fanno sostenere ai loro lancieri per agguerrirli ed ho veduto delle pantere scagliarsi contro duecento e più uomini armati. Hanno lo slancio più pronto e più deciso delle tigri e perciò sono più pericolose. Toh!... Odi?... —

Una nota breve, bassa, che sembrava un sordo mugolìo erasi udita dalla parte della capanna.

Than-Kiù accostò il viso ad una apertura e guardò attentamente in quella direzione. L’ombra proiettata dalle smisurate foglie dei vegetali le impediva di discernere qualsiasi cosa, tanto più che la luna non era ancora sorta.

— Con questa oscurità non sarà cosa facile colpirle, — disse.

— Verranno vicine, — rispose il malese. — Ah!... L’hai udito rompersi un ramo?...

— Sì, Pram-Li.

— Si avvicinano a noi.