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Le astuzie di Than-kiù 95

Capitolo XIV

Le astuzie di Than-kiù

Il praho continuava la sua marcia, salendo le acque del grande fiume.

Era già passato, senza fermarsi, dinanzi a Taviran, piccola borgata perduta sulle rive di quel corso d’acqua, alla confluenza del Sur e proseguiva sempre la sua rapida corsa per giungere al Bacat, onde di là uscire nel lontano e vasto lago di Butuan.

La regione che allora attraversavano era ridiventata selvaggia. La parte occidentale del Mindanao non ha dei piccoli centri popolosi che presso le coste e per lo più alle foci dei fiumi, ma a venti o trenta miglia dal mare la natura selvaggia riprende i suoi diritti e non si trovano più che foreste immense, quasi vergini, popolate solo da grandi bande di scimmie, da cervi, da pantere nere, da pardi nebulosi e da orsi malesi.

Solo di tratto in tratto, a grandi distanze, ma per lo più presso le catene dei monti, s’incontrano ancora degli abitanti, i primi proprietarii di quella vasta isola, i quali vivono come gli animali delle foreste e che non desiderano alcun contatto coi popoli delle coste che sono d’origine bughiso-malese.

Pandaras s’affrettava ad attraversare quella regione, sapendo che tutto aveva da temere da parte degli abitanti dei boschi. Non accordava alcun riposo ai suoi uomini durante la giornata, anzi cercava che non rallentassero la battuta dei remi, ciò che accadeva di rado, poichè quei robusti ed abili battellieri pareva che possedessero un vigore straordinario e che quel duro e faticoso esercizio fosse per loro un semplice giuoco.

Alla notte poi faceva ancorare il praho in mezzo al fiume, non fidandosi d’accostarsi alle rive e faceva vegliare per turno degli uomini armati di fucile.

Probabilmente il capo aveva molta premura di giungere al lago per poter impalmare la sua graziosa fidanzata, della quale ormai sembrava innamorato alla follia. Non la lasciava un solo momento, aveva per lei mille attenzioni delicate che sembravano incompatibili in un uomo mezzo selvaggio e abituato alla guerra ed alle ruberie; le prometteva cento volte al giorno di farla la vera sultana di Bacat, e cosa ancor più strana, si mostrava verso di lei forse più rispettoso d’un uomo civile.