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42 Capitolo Sesto.

— Pensate che sono molti e che potrebbero avere il sopravvento. Anche i nostri uomini cominciano a cadere.

— Prendi un fucile, vendicali e non occuparti d’altro. —

In quel momento clamori assordanti s’alzarono verso la poppa. Dei chinesi uscivano dal quadro correndo e portando sulle spalle delle lunghe tavole che avevano strappate dalla coperta del frapponte e dalle tramezzate.

Il capitano era diventato pallido.

— Morte e dannazione! — esclamò con voce rauca. — Siamo perduti!

I chinesi sfidando intrepidamente il fuoco cominciavano a gettare quelle tavole sopra le pallottole rotolanti per farsene un ponte e spingersi più tardi all’assalto del castello.

I lacera-piedi sui quali tanto aveva calcolato il capitano per rendere impossibile un attacco impetuoso, stavano per diventare affatto inoffensivi.

Appena gettati i primi ponti, altri chinesi erano comparsi con nuove tavole e nuove traverse.

Si slanciavano innanzi, balzando come demoni per impedire ai marinai di prenderli di mira e riparandosi dietro alle tavole, poi, sbarazzatisi del loro carico, retrocedevano precipitosamente, salvandosi nel quadro.

Il capitano Carvadho che vedeva scomparire a poco a poco lo strato di palle, infuriava.

— Fuoco! — urlava. — Spazzate la coperta! —

I marinai, che comprendevano il grave pericolo che correvano, non lesinavano i colpi. Ora sparavano sul quadro per snidare i pochi bersaglieri che si tenevano celati dietro la barricata ed ora sui chinesi che portavano le tavole, mentre il piccolo pezzo di cannone tempestava la coperta con incessanti scariche di mitraglia.

Alcuni, gettati i ponti per non scivolare sulle palle, si erano provati ad avanzarsi per tentare una carica alla baionetta ed erano stati costretti a retrocedere precipitosamente.

Alcuni chinesi, nascosti nelle coffe, avevano lanciato contro gli assalitori i pesanti boscelli delle manovre, accoppandone due e storpiandone quattro.

— Teniamo duro fino a questa sera, — aveva detto il capitano a Francisco.

— Cosa volete fare, signore? — aveva chiesto il bosmano.

— Se non potremo ricacciare quei cani nel frapponte, abbandoneremo la nave. Non dobbiamo essere lontani da Tonga-Tabù.

— Quelle isole sono abitate da antropofaghi, signore.

— Saranno sempre meno terribili di queste tigri gialle. Quante scialuppe abbiamo disponibili?

— Non ve ne sono che due sulle grue di cappone. Le altre sono rimaste a poppa.