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La rivolta dei coolies. 37

La via è aperta! Chi arresterà quelle tigri gialle assetate di sangue e di vendetta?

Il capitano Carvadho, sfuggito miracolosamente alla morte s’era slanciato verso la scala, mentre i chinesi facevano a brani i quattro marinai rimasti sotto la parete.

— In ritirata! — aveva gridato.

In pochi salti attraversa il quadro e si slancia sul ponte nel medesimo momento in cui il giovane Ioao ed un marinaio trasportavano fuori il povero Cyrillo ancora svenuto, per sottrarlo agli assalitori.

— Francisco! — gridò. — Tutti sul castello di prora! Il cassero è perduto!

Rovescia con una spinta irresistibile il cannone messo a guardia della poppa e del timone e si precipita in coperta seguìto dai suoi uomini.

— Signore! — grida Ioao, che non può seguirlo in quella ritirata precipitosa. — Soccorrete mio fratello!

— Gettatelo ai cinesi! — rispose il gigante.

Due marinai però, più umani, accorrono in aiuto del giovane e trasportano, correndo, il ferito sul castello di prora, deponendolo su un cumulo di cordami.

I chinesi allora sbucavano dal quadro mandando clamori feroci.

In un baleno tutte le cabine erano state svaligiate e le poche armi che vi si trovavano erano passate nelle loro mani.

Non dispongono che di una mezza dozzina di fucili, di alcune sciabole e di qualche scure, ma non sono più prigionieri e sono ancora otto o nove volte più numerosi dell’equipaggio.

Quelli che sono inermi s’armano di traverse, d’aste, di manovelle, e di ramponi e perfino di funi grosse e pesanti, mentre altri s’inerpicano sulle griselle dell’albero di mezzana e tagliano i grossi boscelli per scagliarli sulle teste dei loro avversari.

Tutta quella massa furiosa s’era precipitata innanzi per dare l’assalto al castello di prora, su cui si erano raggruppati precipitosamente i marinai.

Ad un tratto i primi ranghi s’arrestano, poi indietreggiano confusamente e grida di dolore echeggiano.

Eppure dal castello di prora non era partito nessun colpo di fucile ed il cannone era rimasto muto.

Erano i lacera-piedi che avevano arrestato di colpo lo slancio dei coolies.

I marinai avevano sfasciate le quattro casse ripiene di quei pericolosi gingilli che erano state collocate sul margine del castello e le pallottole, irte di punte aguzze, si erano sparse per la coperta, con un rumoreggiare metallico.

L’ondulazione che subiva la nave le faceva danzare disordinatamente, correndo da babordo a tribordo e giungendo fino dinanzi alle prime file dei chinesi.