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La rivolta dei coolies. 35

Nella parete di poppa che divideva il quadro dal frapponte, s’apriva una larga grata fatta con sbarre di ferro di spessore notevole, destinate a dare maggior aria a quell’immenso camerone dove s’ammucchiavano i coolies.

Si poteva perciò vedere tutto ciò che accadeva nel frapponte e all’occorrenza aprire un fuoco infernale senza correre alcun pericolo.

I chinesi, viste fuggire le sentinelle, s’erano scagliati furiosamente verso la grata e dopo lunghi sforzi erano riusciti già a contorcere e quindi staccare una sbarra, mentre altri assalivano la murata per strapparla tutta intera o rovesciarla.

Non parevano più uomini: sembravano belve feroci sbucate dai deserti dell’Asia.

Urlavano come ossessi, imprecavano, minacciavano, si pigiavano, si accavallavano per giungere primi alla grata e irrompere nel quadro.

Avevano strappati già parecchi puntali e con quelli percuotevano, come arieti, le tramezzate, i fianchi della nave e perfino la base degli alberi.

Il rimbombo era tale che pareva che la nave, da un momento all’altro dovesse sfasciarsi tutta e sommergersi.

In mezzo a tutti quei furibondi si vedeva agitarsi forsennatamente Sao-King il capo, l’anima della rivolta.

Il capitano Carvadho, strappato un fucile ai suoi uomini, si era accostato alla grata, gridando con voce tuonante:

— Indietro o faccio fuoco! —

Quella minaccia, lungi dal produrre l’effetto sperato, portò al colmo l’ira dei chinesi.

Venti mani s’allungarono attraverso le sbarre per afferrarlo, mentre quattrocento voci urlavano ferocemente:

— Morte a quel cane! Scannatelo!

— Indietro! — ripetè il capitano. — Che venga Sao-King.

— È troppo tardi! — gridò il capo dei coolies che stava dietro a duecento petti pronti a fargli scudo.

— Comando il fuoco! Frena i tuoi uomini o farò un massacro di tutti.

— Date dentro la grata! — urlò invece Sao-King.

Cento braccia si tesero e cento mani s’aggrapparono alle traverse, mentre gli uomini che erano armati di puntali li passavano attraverso i fori per colpire il capitano ed i suoi uomini.

Il gigante aveva già puntato il fucile, quando il commissario gli si precipitò addosso, abbassandogli l’arma.

— Disgraziato! — esclamò il peruviano. — Volete far trucidare tutto l’equipaggio?

— Che cosa volete voi? — urlò il gigante liberando l’arma che il signor de Ferreira aveva stretta fra le mani.

— Evitare un massacro.

— O farmi uccidere? —