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I neo-caledoni. 205

sotto la cenere, poi preparato uno strato di brace vi mise sopra la povera testuggine, rovesciandola sul dorso.

Pochi minuti dopo il rettile, cucinato vivo entro la sua prigione ossea, aveva cessato d’agitare le sue gambe e per l’aria si espandeva un profumo così squisito da far andare in visibilio il chinese.

Dopo mezz’ora il cuoco improvvisato ritirava l’arrosto e con pochi colpi di coltello spaccava il guscio già in parte carbonizzato, mettendo allo scoperto una polpa tenera che friggeva ancora nel grasso.

Ioao intanto aveva tolte le radici, levando la corteccia che le avvolgeva.

— A tavola, signore, — disse Sao-King, allegramente.

Avevano mangiati pochi bocconi gustando assai quella tenera carne e la polpa dolce e farinosa delle magnagne, quando un oggetto non ben distinto passò fischiando sopra le loro teste piantandosi, con sordo rumore, nel tronco di un kauri.

Sao-King si era alzato col coltello in pugno, guardando verso l’albero.

— Una scure! — esclamò. — I selvaggi! —

Un tomahawak, ossia un’azza da guerra, colla lama di selce, era stato scagliato contro di loro, colpendo invece il tronco del kauri e rimanendovi profondamente infitto.

Quell’arma micidialissima, non poteva già essere caduta dal cielo, così la pensava Sao-King.

— Signor Ioao, — disse. — Raccomandiamoci alle nostre gambe.

— E la nostra colazione? —

Sao-King stava per precipitarsi verso l’arrosto, quando alcuni selvaggi si slanciarono fuori da una macchia di niaulis, urlando a piena gola.

Erano una diecina, tutti di alta statura e di forme erculee, colla pelle nera al pari di quella degli africani, quasi nudi e armati di scuri e di bastoni colla punta formata da lunghe spine di pesce.

— Sono canaki, — disse Sao-King. — Se vi preme la pelle, seguitemi. —

Voler lottare contro quegli uomini dotati d’una robustezza eccezionale e probabilmente valorosi, sarebbe stata una pazzia, non avendo poi armi da fuoco per spaventarli.

Il chinese ed il giovane peruviano si raccomandarono perciò alle loro gambe, slanciandosi verso le dune.

I selvaggi vedendoli fuggire, si erano pure messi a correre, ma giunti presso i kauris non seppero resistere alla tentazione di dare un colpo di dente a quella appetitosa colazione.

Quella sosta, quantunque breve, fu messa a profitto dal chinese e da Ioao. Raddoppiando la corsa, in breve riuscirono a guadagnare tre o quattrocento metri, mettendosi in salvo sull’opposta riva d’un piccolo fiume.

— Nascondiamoci, — disse Ioao, ansante.