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La tratta delle pelli-gialle. 13

— Bah! — si era detto. — Se non posso più imbarcare i negri, andrò a prendere dei musi gialli.

Invece di schiavi prenderò degli arruolati.

Non si tratta che di cambiare il colore delle pelli! —

Ed aveva cominciato a trasportare i coolies sulle coste del Perù, dove in quell’epoca vi era grande richiesta per impiegarli nel faticoso lavoro dei depositi di guano.

Tre viaggi compiti felicemente, gli avevano fatti incassare dollari a migliaia e migliaia. È ben vero che era giunto quasi sempre a destinazione con mezzo carico, ma che cosa importava?

Se i chinesi lungo la traversata morivano di fame, o di sete, o per malattie, tanto peggio per loro. I benefizi d’altronde erano sempre stati vistosi ed il buon capitano non aveva domandato di più.

L’Alcione era dunque al suo quarto viaggio.

Il 24 marzo del 1848 aveva lasciata l’isola di Macao con quattrocentoventi arruolati, destinati ai depositi di guano del Perù.

Il governo peruviano però, non aveva voluto questa volta, lasciare carta bianca all’ex-negriero.

Vedendolo giungere sempre con carichi così decimati e sapendo con che specie di brigante aveva da fare, anche sollecitato dai rappresentanti esteri, lo aveva obbligato ad imbarcare il signor Cyrillo de Ferreira in qualità di commissario governativo.

Minacciato di privarlo della patente, il capitano Carvadho aveva dovuto, contro voglia, imbarcare il rappresentante del governo, che aveva l’incarico di sorvegliare il trasporto degli arruolati e di mettere un freno alle inumane crudeltà dell’ex-negriero.

L’Alcione adunque era partito coi suoi quattrocento venti arruolati ed i suoi trenta marinai, racimolati fra le peggiori canaglie, parte portoghesi, parte americani, con alcuni malesi, certamente vecchi pirati dell’arcipelago sululano. La traversata era stata felicissima fino sulle coste settentrionali della nuova Guinea, ma quando l’Alcione stava per impegnarsi fra le isole del mare del Corallo, la peste era scoppiata improvvisamente a bordo, spargendo il terrore fra l’equipaggio e rendendo furiosi i chinesi.

Il signor de Ferreira che aveva assistito, impotente, ai maltrattamenti inflitti a quei quattrocento venti disgraziati, rinchiusi come belve feroci, nel frapponte, che invocavano da mane a sera, con urla terribili, aria, acqua e viveri, aveva cercato d’indurre il capitano a migliorare la sorte di quei miseri per combattere il male.

Il gigante aveva risposto semplicemente con questa frase brutale:

— Che muoiano! Me ne rimarrà sempre abbastanza per pagarmi delle spese. —

E l’Alcione aveva continuata la sua rotta verso il Sud-Est, pronto ad attraversare l’enorme distesa d’acqua che lo separava dalle coste dell’America meridionale, mentre i morti venivano gettati giornalmente in pasto ai pesci-cani, questi inseparabili compagni delle navi negriere e dei trasporti dei coolies.