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il naufragio durante l’uragano | 93 |
— Le onde devono averla ingrandita, poichè ha un diametro di mezzo metro.
— Allora siamo perduti. La nostra pompa non riuscirà a vincere l’acqua che entra.
Risalì in coperta. Le tenebre erano allora calate, ed il golfo di Carpentaria offriva uno spettacolo pauroso.
Larghe ondate, colle creste coperte di candida spuma, salivano dal sud con lunghi muggiti, frangendosi impetuosamente contro i fianchi della giunca, la quale si sollevava penosamente, scricchiolando.
Il vento non più frenato, urlava su tutti i toni, strideva attraverso al sartiame, fischiava fra i boscelli delle manovre correnti, ruggiva fra le vele che sbatteva in tutti i sensi, non avendo una direzione costante, e laggiù, verso le coste della Terra d’Arnheim e quelle di Torres, lampeggiava e tuonava.
Frequenti colpi di mare, superando le murate, si rompevano sulla coperta della nave, correndo all’impazzata verso prua o verso poppa e sfuggendo, col fragore di una cateratta, attraverso gli ombrinali1 di tribordo e di babordo.
Il vecchio Horn, quantunque rimasto solo in coperta, affrontava serenamente e senza impallidire l’uragano. Ritto sul cassero, coi capelli e la lunga barba bianca arruffati dal vento, colle mani strette attorno alla ribolla del timone, guidava intrepidamente l’affondante nave.
— Wan-Horn disse il capitano, raggiungendolo. La giunca ci affonda sotto i piedi.
— Con questa tempesta che ci assale?
— Il selvaggio l’ha sabordata e l’acqua entra come un torrente.
— Ah!... La canaglia! Cosa volete fare, signore? Se la costa fosse vicina si potrebbe tentare di raggiungerla e spingere la giunca sui banchi.
— La terra di Torres è a cento miglia da noi e la giunca, fra un’ora, s’immergerà negli abissi del golfo.
— Non ci sarebbe il tempo necessario per costruire una zattera?
- ↑ Fori aperti nei parapetti della navi, a fior della coperta, per lo scolo dell’acqua.