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il golfo di carpentaria | 77 |
— Toh! esclamò il capitano. Cosa vuol dir ciò? Si è sfasciata qualche botte o la giunca fa acqua?
— Tutte le botti sono in ottimo stato, signore, disse Wan-Horn.
— Che si sia aperta una via d’acqua?
— È impossibile, capitano. Noi non abbiamo urtato contro alcun scoglio e la giunca è stata varata tre anni or sono.
— È vero, ma tu sai che le navi chinesi non sono troppo bene costruite.
— Forse si tratta d’una semplice filtrazione, disse Wan-Horn. Abbiamo una pompa a bordo e più tardi la metteremo in opera.
— Salite e calate il paranco, disse il capitano a Cornelio e ad Hans.
I due fratelli tornarono in coperta e calarono nella stiva due grosse funi sospese ad una grossa carrucola. La prima botte venne legata, innalzata in coperta, spaccata e vuotata in mare, poi vennero issate le altre, quindi la sabbia costituente la zavorra.
Mentre i quattro olandesi eseguivano la gravosa manovra, il chinese vegliava attentamente. Era questi il più giovine dei pescatori imbarcati sulla giunca, poichè non aveva che diciotto o diciannove anni, ma pure era uno dei più abili, essendo un nuotatore valentissimo.
Nativo di Boccatigris, isolotto che si trova presso la foce del Si-Kiang o Fiume delle perle, che bagna la città di Canton, si era imbarcato giovanissimo e da tre anni si trovava alla dipendenza del capitano Wan-Stael, il quale aveva saputo subito apprezzare i suoi meriti.
Era un perfetto campione della razza mongola: statura media, ma robusta, tinta della pelle giallastra, zigomi assai sporgenti, occhi leggermente obliqui, baffetti pendenti, cranio pelato ma adorno della coda nazionale, la pen-see, come la chiamano i figli del celeste Impero.
Accoccolato dietro la spingarda, seminascosto sotto il suo monumentale cappello di bambù intrecciati, che aveva la forma d’un fungo, spiava le mosse degli antropofaghi, pronto a far piovere sulla costa una grandine di proiettili. Però quei mangiatori di carne umana pareva che pel momento avessero abbandonata l’idea d’impadronirsi della giunca, poichè dopo