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54 capo vi.


giungevano le boscaglie di eucalyptus senza aver abbandonato il bottino, pei pescatori di trepang non rimaneva altro che di spiegar le vele e d’abbandonar quella baia così ricca di olutarie.

Il capitano perciò si era slanciato di corsa verso una delle due gole aperte tra le rupi, seguìto da Wan-Horn, da Cornelio e da Hans. Quantunque quel passaggio fosse aspro e difficile, lo superarono in pochi minuti e scesero nella pianura.

L’oscurità era tale da non poter discernere l’orda degli antropofaghi; però si udivano i clamori selvaggi che si allontanavano verso l’est, in direzione delle colline e del bosco.

— Non sono lontani che un miglio, disse il capitano, dopo d’aver ascoltato alcuni istanti con profondo raccoglimento.

— Cercano di raggiungere il bosco, disse Cornelio.

— È lontano? chiese Wan-Horn.

— Sei o sette miglia.

— Bisogna affrettarsi, capitano. Voi sapete che gli australiani sono rapidi camminatori.

— Ma anche le nostre gambe sono buone. Se possiamo guadagnare due o trecento metri apriremo il fuoco. Avanti e guardatevi d’intorno per non cadere in qualche agguato.

— E per vedere se hanno abbandonate le caldaie, aggiunse Wan-Horn.

Ripresero la corsa costeggiando lo stagno, e cercando di dirigersi verso l’est, ma gli australiani, a quanto pareva, fuggivano sempre rapidamente, poichè le loro voci se non si allontanavano non diventavano nemmeno più vicine. Il capitano, che non era più agile come i due giovanotti, mandava al diavolo le gambe dei selvaggi, e Wan-Horn, che sbuffava come una foca, brontolava incessantemente.

Facendo sforzi inauditi avevano superato due chilometri in poco meno di un quarto d’ora, quando il vecchio marinaio incespicò improvvisamente contro una massa oscura la quale mandò un suono metallico.

Il capitombolo era stato così brusco, da schiacciargli il naso, pure si era alzato con sorprendente sveltezza.

— Oh!... esclamò. Non m’ingannavo io!...