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l'assalto notturno 47


— Sarà qualche cane in cerca di preda, Wan-Horn, rispose il giovanotto.

— Hum!... Ci credo poco, signor Cornelio.

— Cosa vuoi che sia?

— Se fosse un segnale?

— Infatti mi parve che quell’urlo non fosse naturale, Wan-Horn.

— Vedete nulla?

— No.

In quell’istante, l’urlo si fece ancora udire e questa volta più vicino.

— Non è un warrangal, signor Cornelio, disse Wan-Horn impallidendo. Questo è un segnale; io non m’inganno.

— Che gli antropofaghi si avvicinino? chiese il giovanotto, alzandosi rapidamente.

— Zitto!...

— Cos’hai udito?

— Guardate laggiù... presso i forni... vedete?...

— Sì, scorgo un’ombra nera. La notte è oscura, ma la vedo a muoversi.

— Ed io ne vedo delle altre scendere le rupi.

— È vero, aspetta un momento.

Cornelio uscendo dallo spazio illuminato dal fuoco si gettò a terra e puntò il fucile. Stava per sparare, quando delle urla acute s’alzarono presso i fornelli e presso i depositi di trepang. Non erano però urla di guerra o di trionfo, erano di dolore.

— Ah! esclamò Wan-Horn. I cocci delle nostre bottiglie fanno effetto e storpiano i mangiatori di carne umana. Fuoco di bordata!...

Si curvò rapidamente sulla spingarda che gli stava presso e vi diede il fuoco, scagliando sulle ombre che si agitavano presso i forni, un nembo di mitraglia. Vi tennero dietro sette od otto colpi di fucile sparati dai chinesi di guardia.

Le urla di dolore si cangiarono in vociferazioni spaventevoli. Una massa di corpi precipitavano giù dalle rupi con velocità vertiginosa: erano cento, duecento, quattrocento, poichè pareva che non finissero più.

Wan-Stael, Hans ed i chinesi svegliati di soprassalto erano balzati in piedi, ma mentre i due primi si dirigevano verso i