Pagina:Salgari - I pescatori di trepang.djvu/44

42 capo v.

avrebbero tardato a ripararsi sulla giunca e ad abbandonare il trepang che si stagionava sotto le tende.

Malgrado l’attiva sorveglianza del capitano, del vecchio marinaio e dei due giovanotti, si scambiavano rapide parole, s’indicavano le alture sulle quali avevano veduto brillare quel fuoco misterioso e gettavano sguardi inquieti sulle rocce che circondavano la baia, come se temessero di veder sbucare improvvisamente le orde degli antropofaghi.

Nemmeno il capitano ed i suoi compagni erano però tranquilli. Sentivano per istinto che al di là della pianura, nei boschi di eucalyptus, qualche cosa di grave stava per accadere.

Forse le bande degli antropofaghi si radunavano in silenzio, per prepararsi ad un furioso assalto notturno. Quantunque non si scorgesse nella pianura alcun essere umano e non si udisse alcun grido, alcun segnale sospetto, mille indizi indicavano che sotto quei grandi alberi, quegli abbominevoli mangiatori di carne umana si concentravano.

Verso il mezzodì parecchi stormi d’uccelli erano stati veduti alzarsi sopra quei boschi e volare verso il settentrione. Erano bande di pappagalluzzi grossi come tortore, colle penne gialle, verdi ed azzurre, appartenenti alla specie dei trichoglosses; poi bande di chionis-alba, specie di colombe, ma un po’ più grosse delle nostre e colle penne biancastre; di milvus, specie di falchi colle penne screziate di bianco e di nero, di kakatoe e di colombe magnifiche, splendidi volatili grossi come un fagiano, colle piume del petto d’un azzurro brillante a riflessi ramigni, e quelle del dorso verdi cupe a riflessi d’oro con screziature gialle.

Se quegli uccelli abbandonavano quei boschi in così gran numero, ci doveva essere un grave motivo. La presenza di pochi selvaggi non li avrebbero di certo spaventati.

Più tardi il capitano e Cornelio, che si erano accampati in cima alle roccie per sorvegliare la pianura, avevano pure veduto uscire da quei boschi parecchi warrangal e fuggire verso il sud. Quei cani selvaggi, che chiamansi anche dingo, somigliano più alle volpi che ai lupi, ma sono forti, tarchiati, con una lunga e folta coda e non temono l’uomo se sono in parecchi. Se fuggivano, ciò indicava che quel bosco per loro non era più sicuro.

Verso sera, anche alcuni casoari, grossissimi uccelli che