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gli australiani 37


— Una coppia di kanguri! esclamò Cornelio.

Puntò rapidamente il fucile verso i due animali che fuggivano colla rapidità di vere freccie, ma Wan-Stael gli abbassò la canna dicendo:

— Lascia andare i kanguri, vi è qualche cosa di più importante che meriterebbe la tua palla.

— Cosa vuoi dire?

— Che dinanzi a noi stanno gli australiani.

— Ma dove? Io non li vedo.

— Son dietro a quei cespugli che camminano.

— Oh?...

— Sì, Cornelio. Quei furfanti, per sfuggirci o per attirarci lontani dal campo, forse in qualche agguato, hanno strappato quei cespugli e tenendoli in mano, strisciano all’indietro con un’agilità di serpenti. Non è una manovra nuova per gli australiani, ora che ci penso.

— Che sia proprio così, zio?

— Sì, ragazzo mio, e se facesse un po’ più di chiaro potremmo vederli.

— I furbi!...

— Ma noi non saremo così stupidi da seguirli fino ai piedi di quelle alture. Sono certo che in mezzo a quel bosco di eucalyptus si tiene celata l’intiera tribù, pronta a piombarci addosso.

— Che sappiano che teniamo prigioniero il loro capo?

— Forse lo sospetteranno. Animo, Cornelio, manda una palla al cespuglio più vicino.

Il giovanotto, che era un valente bersagliere e che voleva mostrare a suo zio come non temesse quegli antropofaghi, non si fece ripetere il comando. Puntò rapidamente il fucile, mirò qualche istante e lasciò partire il colpo.

Il cespuglio più vicino, spezzato a metà dall’infallibile palla del giovine cacciatore cadde, ma caddero contemporaneamente anche tutti gli altri. Quindici australiani balzarono in piedi con un’agilità di quadrumani alzando le loro scuri di pietra, ma Wan-Stael non lasciò a loro il tempo di fare un passo.

Due detonazioni echeggiarono ed una pioggia di pallettoni cadde su quel gruppo d’uomini. Non ci voleva di più per metterli in fuga. Partirono tutti a corsa disperata in direzione del bosco, gettando urla di dolore.