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232 | capo xxii. |
ma con onde color marrone, con due piccole ali sotto il collo a riflessi verde-dorati, ma che dovevano servire di puro abbigliamento, possedendo le altre due maggiormente sviluppate e più perfette.
Il papuaso, Cornelio e Wan-Horn, non si arrestavano ad ammirare quei superbi uccelli e affrettavano il passo per giungere presto al boschetto di noci moscate, sperando di ritrovare colà il capitano, Hans e il chinese.
Erano però costretti a fermarsi ogni qual tratto per aprirsi il passo attraverso le liane che impedivano a loro di avanzarsi, ritardando la loro marcia. Per maggior disgrazia, verso le dieci del mattino giungevano sul margine di una vera selva di piante arrampicanti, ma così fitte, così ammucchiate le une addosso alle altre, da non potersi attraversare senza immensa fatica.
— Cosa sono? chiese Cornelio a Wan-Horn.
— Piante di pepe, rispose il marinaio. Vi sarebbe da riempire di semi la stiva d’una nave di trenta tonnellate.
— Una vera fortuna.
— Lo avete detto, signor Cornelio. Ma questa fortuna per noi improduttiva, ci farà molto sudare.