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224 capo xxii.


nisse a turbare il silenzio che regnava nella grande, sconfinata foresta.

Verso la mezzanotte però, stanchi di vegliare e d’ascoltare stavano per addormentarsi, quando udirono improvvisamente delle lontane grida.

Entrambi balzarono in piedi colle armi in mano.

— Hai udito, Wan-Horn? chiese Cornelio, con voce soffocata.

— Sì, signor Cornelio, rispose il marinaio che era in preda ad una viva emozione.

— Che siano i nostri compagni, mio zio, mio fratello?...

— Non lo so, ma io comincio a sperare.

— Accorriamo, Wan-Horn, prima che si allontanino.

— Con questa oscurità?...

— Non importa: cercheremo di dirigerci come potremo.

Abbandonarono l’albero e si misero in cammino più rapidamente che poterono, cercando di evitare i tronchi d’albero, le liane e le radici. Le grida continuavano a echeggiare nella notte e pareva che s’avvicinassero.

Facendo sforzi disperati, cadendo e risollevandosi, urtando contro gli alberi che non potevano distinguere, tanto era fitta l’oscurità, Cornelio ed il marinaio correvano sempre.

Avevano già percorso un chilometro, quando le grida improvvisamente cessarono. Cornelio stava per scaricare il fucile per attirare l’attenzione dei compagni, quando Horn lo trattenne bruscamente, dicendo:

— Vedo un fuoco brillare laggiù!

Cornelio si volse e vide infatti, ad una distanza di cinque o seicento metri, brillare attraverso al fogliame una fiamma.

— Che si siano accampati? chiese egli.

— E se non fossero loro? chiese Wan-Horn. Non commettiamo imprudenze, signor Cornelio, senza essere certi che siano proprio i nostri compagni.

— È vero, Horn, ma non possiamo restare qui.

— Tutt’altro, ci avanzeremo, ma con precauzione.

— Silenzio ed avanti.

La fiamma continuava a brillare e si dilatava sempre più, spandendo un vivo chiarore fra gli alberi della foresta. Cornelio ed il marinaio, tenendo in mano i fucili per essere pronti a qualunque evento, si misero a strisciare verso quella dire-