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216 | capo xxi. |
— Ne dànno molti?
— Moltissimi, Hans, e una sola pianta costituisce una bella rendita, perchè produce fiori per un gran numero d’anni. Comincia a sette e non finisce che dopo i centocinquanta.
— Nascono dappertutto?
— In quasi tutte le isole della Malesia, ma la loro vera patria sono le Molucche. Sono state trapiantate anche nelle isole Mascarene, ma vivono molto meno e rendono poco.
— Quante piante preziose nasconde quest’isola, così trascurata dai coloni europei! disse Cornelio.
— È vero, disse il capitano. Hanno popolato delle meschine isole e delle terre aride, e hanno dimenticato questo paradiso terrestre.
Stavano per rimettersi in marcia, quando ad un tratto uno stormo di grossi uccelli calò sul boschetto di noci moscate, mettendosi a divorare ingordamente le frutta.
— Che volatili sono? chiese Cornelio.
— Colombe carpofaghe, rispose il capitano.
— E mangiano le noci moscate?
— Sono molto ghiotte di quelle frutta e se vuoi saperne di più, aggiungerò che sono esse che fanno crescere questi boschetti di noci moscate.
— Vuoi scherzare, zio?
— No, Cornelio. Queste colombe e specialmente le carpofaghe concinna, mangiando le frutta, evacuano i semi intatti, quantunque siano passati fra gli intestini e cadendo a terra si sviluppano e germogliano. Infinite sono le piante cresciute in tal modo, anzi si può dire che qui nascono per opera di quelle colombe, poichè i papuasi non si occupano di seminarli.
— In tal caso quegli uccelli devono essere deliziosamente profumati e possono servirci di cena.
Il giovanotto stava per puntare il fucile, quando udì Wan-Horn a gridare:
— Fermatevi: ecco la cena che fugge!...
Cornelio si volse rapidamente e vide passare di galoppo, sul margine del bosco, un grosso animale che pareva un porco. Fece rapidamente fuoco, ma la selvaggina, dopo d’aver fatto uno scarto rapido e di aver emesso una specie di grugnito, scomparve in mezzo agli alberi.