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i pescatori di trepang 19


zione, unitamente a delle schiumarole di gran mole e ad alcuni arpioni.

— È carica la spingarda? chiese il capitano.

— A mitraglia! rispose il vecchio marinaio. Se ai mangiatori di carne umana salterà il ticchio d’importunarci, scalderemo per bene i loro magri dorsi.

— Andiamo, ragazzi miei, disse Wan-Stael ai nipoti.

Passarono sulla seconda scialuppa ed i chinesi si misero ad arrancare spingendola verso la spiaggia.

Bastarono pochi minuti per superare la distanza e le pericolose scogliere che facevano corona alla spiaggia, contro le quali si rompevano, con cupi fragori, le ondate della risacca.

— Alto, disse Wan-Stael, prima che la scialuppa toccasse la sponda.

Si rizzò sulla banchina di prua e lanciò un lungo sguardo sulla costa che era cosparsa di rocce enormi, le quali si alzavano in forma di anfiteatro. Malgrado il segnale di raccolta udito poco prima, non si vedeva alcuna creatura umana e non si udiva alcun rumore sospetto; solamente una piccola banda di cakatoe, splendidi uccelli dalle penne porporine e bianche come la neve e il capo sormontato da un ciuffo ricadente all’indietro, cicalavano fra i rami di un piccolo black-wood (albero del legno nero) che cresceva stentatamente fra le sabbie.

— Nulla di sospetto? chiese Wan-Horn.

— No, vecchio mio; sbarchiamo.

La scialuppa, con pochi colpi di remo, s’accostò alla spiaggia, incagliandosi nella sabbia.

Il capitano, i due giovanotti e il marinaio scesero, portando con loro quattro fucili, quindi sbarcarono i chinesi recando il legname, le due caldaie, le schiumarole e gli arpioni.

A breve distanza dalla spiaggia, Wan-Stael indicò due muricciuoli circolari, formati di frammenti di roccia e che parevano destinati a servire da forni.

— I selvaggi li hanno rispettati, diss’egli.

— Cosa sono? chiese Hans.

— I nostri fornelli costruiti l’anno scorso. Al lavoro, giovanotti, la seconda scialuppa sta per giungere.