Pagina:Salgari - I pescatori di trepang.djvu/209


i boschi della papuasia 207


— Perchè è trattenuta da una vera rete di fibre, rispose il marinaio. Se non si spezzano, non si potrebbe estrarla. Ecco, guardate!

Il capitano, che si era rimboccate le maniche, cacciò le braccia nel tronco ed estrasse un cumulo di farina la quale era mescolata a delle sottili fibre bianchissime, ma molto resistenti.

— Mangeremo anche quelle fibre? chiese Cornelio.

— No, rispose il capitano. Guasterebbero il pane, poichè sono legnose.

— Bisogna levarle?

— Sì, e per far ciò fabbricheremo uno staccio con delle fibre di cocco, onde perdere meno tempo.

Il capitano vuotò quella specie di mortaio costituito dal tronco inferiore dell’albero, saldato solidamente in terra dalle poderose radici e ammucchiò la farina sulle grandi foglie della pianta.

Prese poi uno dei pezzi del tronco, tagliati prima da Wan-Horn, lo sovrappose al mortaio e maneggiando robustamente la mazza, fece cadere la farina, pestandola per bene.

La manovra fu ripetuta anche per gli altri pezzi, ottenendo in poche ore un ammasso enorme di farina, dal peso di circa quattrocento chilogrammi.

Era però da depurare, contenendo ancora le fibre, ma essendo calata la notte, quella seconda operazione fu rimandata a domani.

Alcuni chilogrammi di quella fecola nutriente furono però sbarazzati di quelle radici, impastati con un po’ d’acqua e ridotti in focacce, le quali furono messe a cucinare sui carboni.

Tutti fecero molto onore a quel pane gustoso, servito caldo e alla testuggine arrostita. Dopo cena Wan-Horn piantò in terra alcuni rami d’albero che coprì, superiormente, colle immense foglie d’un banano, formando una specie di tettoia che doveva difenderli dall’umidità della notte e per renderla più sicura, la circondò coi cilindri formati dai pezzi del tronco di sagu, i quali potevano difenderli dalle freccie dei selvaggi.

Cornelio montò il primo quarto di guardia imboscandosi in mezzo ad un cespuglio e gli altri s’addormentarono.