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174 | capo xvii. |
— Ed è grandine avvelenata aggiunse Wan-Horn. Fortunatamente siamo fuori di pericolo, almeno per ora.
— Ma più tardi? disse il capitano, che pareva fosse diventato inquieto. Se quei briganti prolungano l’assedio, cosa accadrà di noi?
— Non abbiamo fretta, zio, disse Cornelio. Si sta molto bene in questa gabbia d’uccelli.
— Ma i viveri? Chi di noi possiede dell’acqua?
— È vero, zio. Io non ho che due biscotti e nemmeno una goccia d’acqua.
— Che vogliano proprio assediarci? chiese Wan-Horn.
— Ne sono certo, vecchio mio. Essi calcolano di farci capitolare per fame.
— No, zio disse Hans. Non aspetteranno tanto, poichè li vedo a ritornare: guarda!...
Tutti si affacciarono alle porte e videro infatti i pirati avanzarsi attraverso alla pianura. Strisciavano fra i cespugli e le piante arrampicanti come i serpenti, cercando di non farsi scorgere.
— Che vengono a tagliare i pali di sostegno? brontolò Wan-Horn. A voi, signor Cornelio.
Il giovanotto che aveva ricaricato il fucile, mandò una palla in mezzo ad un cespuglio, le cui cime si muovevano, ma nessun grido seguì lo sparo.
— Mancato o ucciso sul colpo? chiese il marinaio.
— Vedo i rami agitarsi ancora, disse Cornelio. Quei furfanti non mostrano un pezzetto dei loro corpi, tanto sono bene nascosti.
Il capitano ed Hans fecero fuoco mirando i cespugli che si muovevano, ma i pirati oramai non si scorgevano più e non risposero.
— Che si siano nascosti sottoterra? chiese il marinaio. Come va questa faccenda?...
Ad un tratto quindici o venti uomini balzarono dai cespugli e si scagliarono verso l’abitazione, menando furiosi colpi di parangs contro i pali di sostegno. In un momento sette od otto, troncati da quelle pesanti sciabole, caddero a terra.
— Fuoco!... gridò il capitano.
Tre colpi di fucile echeggiarono: due pirati caddero ful-