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172 capo xvii.


È un tubo di bambù lungo generalmente un metro e mezzo, di legno duro, trapanato con un ferro appuntato, ma con molta precisione, dovendo il foro interno essere rigorosamente eguale.

In questo tubo introducono un cannello di bambù od un nervo di foglia munita superiormente d’una spina lunga e assai acuta e inferiormente d’un tappo a cono, di midolla vegetale, che corrisponde al calibro dell’arma.

Soffiando entro la cerbottana, la freccia, spinta dall’aria, esce e s’innalza per quaranta ed anche cinquanta metri, colpendo l’uccello, o il nemico imboscato, con una precisione straordinaria.

L’uomo, o l’animale, o il volatile toccato, non ha scampo e morranno fra pochi minuti, perchè le punte della freccia sono tinte nel succo dell’upas, uno degli alberi più venefici che esistono.

Appena ricevuta la ferita, l’uomo prova tosto un tremito convulso, il polso si accelera, poi prova una debolezza estrema, un’ansietà angosciosa, respirazione difficile, spasimi, vomiti, espulsioni fecali, convulsioni tetaniche e quindi spira dopo dieci o quindici minuti.

Sembra che quel veleno agisca sul sistema circolatorio e sul sistema nervoso. Altre volte invece quelle frecce sono tinte nel succo del cetting (strichnos tientè) pianta arrampicante più velenosa ancora dell’upas, poichè la morte è più rapida, quasi fulminante.

Come si vede, non era il caso di rimanere all’aperto per difendere meglio i dintorni della capanna aerea. Quelle due frecce, salite lassù, e che il capitano aveva avuto tempo di vedere, dicevano abbastanza di quali mezzi disponevano i pirati, per tenerli lontani.

I naufraghi però, anche tenendosi dentro la capanna, potevano difendersi e mandare le loro palle a destinazione, essendovi molte aperture fra le pareti di graticcio dell’abitazione e parecchie porte.

Si dispersero per la casa per sorvegliare i dintorni da tutte le parti, e si tennero pronti a rispondere alle provocazioni di quegli accaniti assalitori.

Non attesero molto, poichè pochi minuti dopo scorsero