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166 | capo xvi. |
Diedero all’edificio una seconda scrollata, ma non udendo alcun rumore, nè vedendo comparire alcuna persona, salirono più su, giungendo felicemente sulla grande piattaforma sostenente la capanna.
Colà furono costretti ad arrestarsi, poichè quel pavimento era tutt’altro che praticabile pei loro piedi. Infatti i papù, che sono agili come le scimmie, non si prendono grandi cure pei pavimenti delle loro abitazioni, e lasciano i bambù scoperti.
Essendo questi disposti ad intervalli di venti ed anche di trenta centimetri, lasciano fra loro delle aperture che possono causare delle cadute mortali, per chi non è abituato ad una ginnastica indiavolata e soffre i capogiri. Gli abitanti non ne coprono che una parte, quelli che si trovano nell’interno della casa e non sempre.
La terrazza esterna è priva di stuoie, quindi per attraversarla bisogna avanzarsi a salti, e con piede molto sicuro, se si vuole evitare il pericolo di cadere sulla piattaforma inferiore.
— Diamine! esclamò Cornelio. Questo pavimento è un vero trabocchetto, zio mio.
— Non è molto comodo per noi, ma i papù se ne accontentano, Cornelio.
— Ma è pericoloso pei ragazzi.
— Sono agili come gli scoiattoli e non si trovano imbarazzati. Avanti, Cornelio.
— Non voglio correre il pericolo di mettere i piedi nel vuoto e di capitombolare fino a terra, zio mio, cosa facile, con questa oscurità. Preferisco avanzarmi a carponi.
— È più sicuro, disse il capitano, ridendo.
Tenendosi stretti ai bambù attraversarono la piattaforma ed entrarono nella casa, il cui pavimento era coperto da grosse e solide stuoie.
Quell’abitazione era vastissima, in forma d’un quadrilatero, con un tetto ampio e assai sporgente, per coprire l’intera piattaforma. Era diviso in quattro stanze lunghe otto o dieci metri, larghe altrettanto e provviste tutte di porte, le quali mettevano sulla galleria esterna.
Il capitano accese l’esca, diede fuoco ad un pezzo di carta che aveva trovata in una tasca della giubba e spinse lo