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l'assalto dei coccodrilli 155


irte di lunghi denti, le quali si rinchiudevano con un fracasso analogo a quello che produce un cassone, quando viene lasciato cadere il coperchio.

Le loro code sferzavano l’acqua con impeto irresistibile, sollevando delle vere ondate e nell’urtarsi, si udivano le scaglie risuonare come piastre d’osso vuote.

Circondato il banco, s’arrestarono, come se volessero prima assicurarsi di che specie era la preda che stavano per assalire, poi uno, il più audace ed il più lungo, poichè misurava almeno nove metri, con un poderoso colpo di coda si issò sul banco che la marea a poco a poco copriva e marciò dritto verso la scialuppa.

— È orribile! esclamò Hans, rabbrividendo.

— Coraggio, ragazzi! disse il capitano, che non perdeva la sua calma. Questo è mio.

Il sauriano non era che a sei passi: con un colpo di coda poteva lanciarsi contro la scialuppa.

Wan-Stael puntò freddamente il fucile e fece fuoco fra le mascelle spalancate del mostro.

Questi, colpito a morte dalla palla che doveva avergli attraversato il corpo dalla gola alla coda, si raddrizzò come un cavallo che s’impenna, vibrando uno spaventevole colpo di coda, poi ricadde, contorcendosi furiosamente, sollevando dei larghi sprazzi di fango.

Gli altri, lungi dallo spaventarsi alla detonazione che per loro doveva riuscire nuova, non adoperando i papuasi armi da fuoco, nè per la morte del loro compagno, balzarono sul banco precipitandosi verso la scialuppa.

— Coraggio! ripetè un’ultima volta il capitano, che caricava precipitosamente il fucile.

L’assalto fu tremendo. Quei formidabili sauriani, credendo forse che anche la scialuppa fosse una preda da inghiottire, si arrampicavano l’un sull’altro per giungere primi ad afferrare i bordi. I loro aliti, caldi e fetenti, giungevano fino in volto ai disgraziati naufraghi.

Questi però, malgrado fossero terrorizzati, non erano rimasti inoperosi. Scaricate le armi sui più vicini, avevano afferrate le scuri, i ramponi e perfino i remi e si difendevano con sovrumana energia, picchiando furiosamente sui crani e sulle mascelle, spezzando i denti o lacerando le gole di quei mostri.