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l'assalto dei coccodrilli | 151 |
dotti dall’acqua che calava colla bassa marea, rompendosi contro le sponde e contro i banchi.
Di quando in quando, attraverso il fitto fogliame, si vedevano scintillare dei punti luminosi che tosto scomparivano per mostrarsi più lungi, ma nè Cornelio nè il vecchio Horn s’inquietavano, sapendoli causati da certe lucciole della specie dei lampiris, molto comuni in tutte le isole della Malesia e che le eleganti malesi racchiudono in bolle di vetro, puntandosele poi fra i capelli con dei bellissimi spilloni d’argento.
Era già trascorsa un’ora senza che fosse accaduto alcunchè di straordinario, quando Cornelio credette di vedere una massa oscura attraversare rapidamente il fiume, descrivendo una parabola assai allungata. Si era staccata da un grande albero situato sulla sponda destra ed era scomparsa sotto i boschi della sponda opposta.
— Wan-Horn, hai veduto? chiese, raccogliendo precipitosamente il fucile.
— Non ho veduto nulla, nè udito nulla, signor Cornelio rispose il marinaio.
— M’è passata dinanzi agli occhi una cosa nera, che non ho potuto ben distinguere.
— Sarà stato un uccello.
— No, Wan-Horn, era grosso assai e non aveva le forme d’un volatile.
— Che cosa volete che sia?
— Non lo so, ma se fosse qualche proiettile inviatoci dai papuasi?
— Non fanno uso che di freccie e di lancie, signor Cornelio...
— Lo so, ma... guarda!
Una massa nera, un’altra senza dubbio, si era staccata da un albero della sponda destra, aveva attraversato il fiume con uno strano dondolìo, producendo una lieve corrente d’aria ed era scomparsa fra le piante dell’opposta riva.
— L’hai veduta, Horn? chiese Cornelio.
— Sì, e so cos’era.
— Un proiettile?
— No, signor Cornelio, era uno di quei volatili che i malesi chiamano kubung, noi gatti o volpi volanti e gli scienziati galeopithecus, se non erro.