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138 | capo xiii. |
Alle undici tre sole miglia separavano i naufraghi dalle coste della Nuova Guinea, ma la prima piroga non distava che ottocento metri e la seconda millecinquecento.
— Vedo un fiume! esclamò Hans.
— Dinanzi a noi? chiese il capitano, che non poteva scorgerlo, volgendo le spalle alla costa.
— Sì, zio, proprio dinanzi a noi.
— Guida la scialuppa in quel corso d’acqua. È largo?
— Una cinquantina di metri.
— Lo saliremo e sbarcheremo nei boschi. Non perdiamo un colpo di remo, amici miei; i papuasi si sono accorti delle nostre intenzioni.
— Zio, disse Cornelio. Non sono che a quattrocento metri da noi.
— Cosa vuoi dire?
— Che posso mandare una palla a quei pirati.
— Lo farai più tardi; animo, arrancate!...
La scialuppa, sotto la spinta di quei quattro remi vigorosamente manovrati, fendeva impetuosamente le onde, anzi volava, ma anche il veliero dei papuasi s’avanzava rapidamente e guadagnava sempre.
Fortunatamente la costa non era che a poche centinaia di metri. Si distinguevano nettamente gli alberi di cocco, le arenghe saccarifere, le palme, i fichi, le felci arborescenti, le sensitive giganti, gli artocarpi, ecc. che coprivano le sponde, formando delle foreste quasi impenetrabili.
— Uno sforzo ancora, gridò Hans.
La scialuppa, spinta innanzi da quell’ultimo e supremo sforzo, superò la distanza, attraversò un banco di sabbia e si cacciò nella foce del fiume, arenandosi presso un isolotto coperto d’un ammasso gigantesco di paletuvieri, le così dette piante della febbre.
I naufraghi, abbandonati i remi, afferrarono i fucili, mentre la prima piroga virava di bordo dinanzi al banco di sabbia.