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la costa australiana | 11 |
ritornato a Timor, si era tosto offerto ad un ricco negoziante di trepang, il chinese Lià-Khing, il quale non aveva esitato ad affidargli il comando di una delle sue migliori giunche, ben sapendo con quale ardito marinaio aveva da fare.
Wan-Stael, quantunque non avesse mai avuto molta fiducia per quelle navi di costruzione chinese, che mal sopportano i furori degli oceani, era partito per le coste settentrionali dell’Australia ed in poche settimane aveva completato il suo carico di quei coriacei molluschi, ma che pure sono cotanto apprezzati sui mercati chinesi e malesi.
Quantunque in quella prima campagna di pesca avesse già fatto dei grossi guadagni, al principiare della nuova stagione aveva ripreso il mare, ma questa volta aveva condotto con sè due nuovi compagni.
Erano due suoi nipoti, orfani da parecchi anni e che egli contava di condurre con sè attraverso il mondo, per farne due abili marinai.
I due giovanotti, già figli di un valente capitano, morto sulle coste del Borneo in uno scontro coi pirati del Sultano di Varauni, avevano accettato con entusiasmo la proposta, benchè non ignorassero i pericoli che presenta la pesca del trepang, non perchè quei molluschi siano dotati di armi difensive, tutt’altro, ma per le regioni ove si trovano, le quali sono popolate da selvaggi di pessima fama e che godono una triste celebrità, essendo quasi tutti ghiotti di carne umana.
Erano giovani entrambi, poichè Hans non contava che sedici anni e Cornelio venti, ma il capitano Wan-Stael poteva fare assegnamento sul loro coraggio, poichè abituati fin dall’infanzia a scorrere le cupe foreste di Timor, inseguendo arditamente gli animali selvaggi, ed a scorrere il mare pericoloso delle Molucche, non erano tali da indietreggiare dinanzi ad un pericolo qualunque fosse.
Ecco il motivo per cui quella giunca, montata da un equipaggio chinese e comandata da uomini bianchi, aveva gettato l’àncora sulle deserte sponde della terra di Carpentaria, in quella profonda baia tappezzata di trepang.