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l’uragano 99


— Lu-Hang e Cornelio scenderanno assieme e cercheranno di tenerla lontana. Aiutatemi, amici!...

Riunirono le loro forze e alzarono la scialuppa sul capo di banda della murata poppiera, legando i paranchi delle grue alle banchine.

— Salite! gridò Horn.

Il giovine chinese e Cornelio s’imbarcarono e la scialuppa fu calata in mare, lasciando scorrere le funi dei paranchi. Appena toccò acqua, un’onda la prese e l’alzò, ma essendo stata abbassata sottovento, invece di venire spinta contro il fianco della giunca, fu portata al largo finchè lo consentivano la lunghezza delle gomene.

— Resiste? chiese Wan-Stael.

— Balza sulle onde a meraviglia, zio, gridò Cornelio.

— Imbarca acqua?

— No, finora.

— Scendi, Hans.

Il giovanotto s’aggrappò ad un paranco e tenendosi ben stretto, per non venire portato via dalle onde, raggiunse felicemente il fratello. Wan-Horn, malgrado la sua tarda età lo seguì, quindi scese il capitano.

— Lasciate andare! gridò questi.

Le due funi furono sciolte e la scialuppa, non più trattenuta, fu portata via da un’onda gigantesca.

Era tempo. La giunca, già piena d’acqua fino alla sottocoperta, affondava rapidamente, trascinata negli abissi marini dall’enorme peso che conteneva.

S’alzava però ancora faticosamente sulle onde, ma erano gli ultimi sforzi. Ben presto l’acqua della stiva irruppe sul ponte, mentre quella esterna, superate le murate, si riversava a babordo e a tribordo, quasi fosse impaziente d’inghiottire la preda.

Per alcuni istanti, alla livida luce d’un lampo, fu vista emergere ancora una volta la prua, poi la nave sparve fra le onde, formando un vortice gigantesco.

I suoi alberi oscillarono un momento fra le onde che li assalivano con furore senza pari, poi s’immersero entro quella specie d’imbuto mobile e più nulla si vide.

L’Hai-Nam era scesa negli umidi baratri del golfo di Carpentaria e forse stava fracassandosi sulle scogliere del regno dei coralli.