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94 | emilio salgari |
I quattro disgraziati esploratori ripresero la faticosa marcia, facendo sforzi sovrumani per trarsi da quelle strette.
Quel tubo, ormai si poteva chiamarlo così, descriveva in quel luogo dei bruschi serpeggiamenti, ed accennava a restringersi sempre più. Le sue pareti ineguali, irte di punte, fortunatamente cedevoli, rendevano il passaggio più faticoso, costringendo padron Vincenzo a delle frequenti fermate per sbarazzare la via da quegli ostacoli.
Puntando le ginocchia, facendo forza di gomiti, stirandosi ed allungandosi, sbuffando e soffiando, i quattro esploratori riuscirono a guadagnare altri cinquanta metri. Erano però tutti scorticati e le loro vesti erano state ridotte, da quei continui sforzi, in uno stato miserando.
Fortunatamente, passate quelle ultime strette, si trovarono improvvisamente dinanzi ad una celletta di forma rotonda e dalle pareti lisce. Sembrava una grande bolla di sapone o di vetro nero.
— Dove siamo, noi? — si chiese padron Vincenzo, tirando il fiato. — Mi pare di essere entro un fiasco di Chianti.
— Vedete nessun altro passaggio? — chiese il dottore. — La corrente di lava non può aver avuta qui la sua sorgente.
— Vedo là un altro budello — rispose il pescatore. — Toh!... Cos’è questo rumore? Si direbbe che noi siamo vicini a qualche cascata d’acqua od a qualche impetuoso torrente.
— Ascoltiamo — disse il signor Bandi.
Tutti tesero gli orecchi, trattenendo il respiro. In lontananza si udiva un sordo fragore che pareva prodotto dalla caduta d’una massa d’acqua. Il dottore, recatosi alla bocca del secondo condotto, s’accorse che quel fracasso veniva precisamente da quella parte.
— La caverna non deve essere lontana — disse. — Se questo secondo tunnel ci permette di passare, fra un paio d’ore possiamo trovarci a bordo della nostra scialuppa.
— Da cosa lo arguite? — chiese padron Vincenzo.
— Non vi ricordate di quella cateratta che precipitava nel lago?
— Sì — risposero i tre pescatori.
— Il fragore che udiamo deve essere prodotto da quella.
— Fosse vero! — esclamò padron Vincenzo. — Darei un anno della mia vita per trovarmi nella nostra scialuppa.
— Ripartiamo, amici.
— Mille merluzzi!
Proprio in quel momento la lampada, dopo un ultimo guizzo, s’era spenta, e l’oscurità era piombata bruscamente entro quella grande bolla di lava.
— Non importa — disse il dottore. — Ormai sappiamo che il tunnel sta dinanzi a noi.
— E poi avete ancora degli zolfanelli — disse Michele.
— Sì, avanti amici!
I quattro esploratori si erano cacciati animosamente nel secondo budello, cercando di affrettare la marcia. Padron Vincenzo, che si trovava alla testa, prima di fare un passo innanzi, tastava prudente-